Spostamento di un cancello. È sempre necessaria la S.C.I.A?

21.11.2013 13:52

(T.A.R. Lazio, sent. 11 novembre 2013, n. 5866)


Il ricorso.

Un condominio sito in Roma ha proposto ricorso avanti al T.A.R. Lazio per richiedere l’annullamento di una determinazione dirigenziale con cui il Comune gli aveva ingiunto il “pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa, ex art. 19 legge regionale n. 15/2008, di euro 5.000, a causa della presunta realizzazione di interventi edilizi abusivi (…) consistenti nello ‘spostamento di un cancello in ferro a due ante di m. 2,70x1,75 di altezza, arretrandolo do circa 25 metri dalla posizione originaria dove sono rimasti i cardini’, in quanto eseguiti in assenza di segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA)”.

La normativa.

Dal combinato disposto delle disposizioni dell’art. 19 della L. 241/1990 e art. 19 della L.R. Lazio n. 15/2008 si evince, per quanto qui interessa, che “Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato” (art. 19, comma 1, L. 241/2990) e che “(…) in assenza della prescritta denuncia di inizio attività o in difformità dalla stessa, applica una sanzione pecuniaria da un minimo di millecinquecento euro ad un massimo di 15 mila euro, in relazione alla gravità dell'abuso” (art. 19, comma 1, L.R. Lazio 15/2008).

La sentenza in esame.

Relativamente al ricorso sopra illustrato il T.A.R. Lazio ha ritenuto che “è infondato e, pertanto, deve essere respinto, atteso che, in esecuzione dell’ordine istruttorio impartito dal Collegio nei riguardi dell’Amministrazione comunale, è stata depositata in atti apposita planimetria progettuale dello stabile in questione, da cui risulta la previsione dell’installazione del cancello in posizione differente rispetto a quella prospettata dalla parte ricorrente”.

Il T.A.R., pertanto, ha ritenuto che poiché tale spostamento era avvenuto in assenza del titolo abilitativo necessario (S.C.I.A.) il condominio doveva essere condannato al pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 19 della L.R. Lazio 15/2008. La sentenza, infatti, ha ritenuto irrilevante l’eccezione del ricorrente relativa alla circostanza che il cancello fosse situato su un tratto di strada ad uso privato.

La giurisprudenza sulla realizzazione di cancelli. In passato la giurisprudenza amministrativa è stata spesso chiamata a pronunciarsi su fattispecie relative alla realizzazione di cancelli.

In particolare, con riguardo all’ordinanza di demolizione di un cancello da parte dell’amministrazione, ha ritenuto che “l'installazione di un cancello in ferro non integra la realizzazione di un intervento edilizio per il quale è richiesto il preventivo rilascio della concessione edilizia comunale, ma, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 493 del 2 dicembre 1993, per la realizzazione dello stesso è sufficiente la procedura semplificata della denuncia di inizio attività (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio – Sez. II^ ter – n. 5519 del 9 giugno 2004). Peraltro, già in relazione alla previgente disciplina, il Consiglio di Stato aveva affermato che la recinzione dovesse rientrare tra le opere pertinenziali al servizio di edifici preesistenti, soggetta, ai sensi dell'art. 7 D.L. n. 9 del 1982, non a concessione edilizia, bensì ad autorizzazione gratuita (C.S. Sez. V^ - 16 ottobre 2002 n. 5610). Inoltre, con riferimento a opere di recinzione e apposizione di un cancello elettrico scorrevole, il Consiglio di Stato aveva affermato che esse sono soggette al regime dell'autorizzazione di cui all'art. 10 della legge n. 47 del 1985 (C.S. – Sez. V^ - n. 3652 del 19 giugno 2003”).( T.A.R Piemonte, Sez. I, sent. 12 aprile 2010, n. 1761; in senso analogo T.A.R. Veneto, Sez. II , sent. 11 giugno 2008 n. 1719 ).

Inoltre, è stato sostenuto che “la sostituzione o il rinnovamento di serramenti e, quindi, di infissi, serrande, finestre e abbaini, rientra nel concetto di finiture di edifici, come tale configurabile in termini di manutenzione ordinaria ai sensi dell’art. 3 lett. a) T.U. 6 giugno 2001, n. 380 e, cioè, di attività libera e non soggetta a denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 6 lett. a) dello stesso decreto, e ciò sia che vengano impiegati gli stessi materiali componenti, sia che la sostituzione o il rinnovamento venga effettuata con materiali diversi" (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 2 maggio 2009, n. 620).

Relativamente al soggetto legittimato a richiedere il titolo abilitativo si ritiene che “-l’art. 1102 c.c. consente a ciascun condomino di apportare le modificazioni necessarie al miglior godimento della cosa comune, senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso; - a tal fine il singolo condomino è legittimato a presentare in proprio una d.i.a. (o comunque a richiedere il rilascio di un titolo edilizio), non essendo necessaria la contestuale sottoscrizione della richiesta da parte degli altri comproprietari; (…) - tra le facoltà di uso della cosa comune attribuite al comproprietario dall’art. 1102 c.c. rientrano, secondo la giurisprudenza, l’installazione di un cancello sul passaggio comune, con consegna delle chiavi agli altri comproprietari (Cass. 2^ 20.6.00 n. 8394), nonché l'apertura di un varco nella recinzione comune (con apposizione di un cancello) effettuata per mettere in comunicazione uno spazio condominiale con una strada aperta al passaggio pubblico, sia pedonale che meccanizzato (Cass. 2^ 30.5.03 n. 8808)” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, sent. 8 marzo 2007, n. 381)

Conclusione.

Qualora si intenda spostare o installare un cancello sulla proprietà condominiale è sempre necessario ottenere preventivamente la S.C.I.A.; perché se è vero che tali attività, in casi come quello in esame, non sono passibili, ove abusivi, di una sanzione ripristinatoria, è pur vero che vengono puniti con una sanzione pecuniaria.

Articolo di Avv. Gian Luca Ballabio
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