Scelta dei criteri di ripartizione delle spese condominiali: si applica sempre la legge a meno che tutti i condomini non decidono diversamente
22.10.2013 09:05
Come si ripartiscono le spese condominiali?
Ai sensi del primo comma dell’art. 1123 c.c.
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Quello secondo i millesimi di proprietà è il criterio generale; ve ne sono altri specifici per singoli casi.
Si pensi all’art. 1124 c.c. sulla manutenzione di ascensori e scale, all’art. 1126 c.c. per i lastrici di uso esclusivo ed ancora al terzo comma dell’art. 1123 c.c. che riguarda i così detti condomini parziali.
Tutti questi criteri ed in generale tutti i criteri legali di ripartizione delle spese (non si dimentichi quello in base all’uso di cui secondo comma dell’art. 1123 c.c.) devono essere sempre applicati a meno che tutti i condomini non si mettano d’accordo differentemente.
E’ questo il senso dell’inciso finale del primo comma “salvo diversa convenzione”.
Tale convenzione può essere contenuta nel regolamento condominiale contrattuale, vale a dire quel regolamento sottoscritto da tutti i condomini al momento dell’acquisto delle unità immobiliari (ipotesi più probabile) o in un momento successivo (es. in un assemblea o in altra circostanza).
In tal senso, di recente, la Cassazione, ribadendo quanto già detto più volte, ha specificato che “in materia di condominio, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio vanno ripartite in quote uguali tra i condomini, giacché il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 c.c.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio), né siffatta deroga può avere alcuna effettiva incidenza sulla disposizione inderogabile dell'art. 1136 c.c. ovvero su quella dell'art. 69 disp. att. c.c., in quanto, seppure con riguardo alla stessa materia del condominio negli edifici, queste ultime disciplinano segnatamente i diversi temi della costituzione dell'assemblea, della validità delle deliberazioni e delle tabelle millesimali; v., anche, Cass., n. 898 del 1984)” (Cass. 7 ottobre 2013, n. 22824).
Il regolamento contrattuale vale per sempre? Non è detto. Vediamo perché.
Un contratto vale tra le parti che lo sottoscrivono. Il regolamento contrattuale altro non è che un contratto. Ne discende che esso varrà solamente per le parti sottoscrittrici.
Solitamente il regolamento condominiale viene menzionato per accettazione negli atti d’acquisto (la famosa formula “il compratore s’impegna a rispettare il regolamento condominiale, ecc.”).
Se le cose stanno così nulla quaestio: in pratica altro non si ha che un subentro di una nuova parte in quel contratto.
Lo stesso dicasi per il regolamento contrattuale che è stato trascritto (possono essere trascritti solamente alcuni regolamenti, ad esempio quelli che costituiscono servitù). La trascrizione rende conoscibile il contenuto dell’atto e quindi, si dice in gergo, lo rende opponibile a terzi. Insomma per mezzo di questa via chi acquista ma non ha accettato espressamente il regolamento è tenuto a rispettarlo perché avrebbe potuto conoscerlo.
E se, invece, la ripartizione secondo criteri convenzionali non è contenuta in un regolamento e/o non è accettata dal compratore? In questi casi il contratto cessa di avere la propria efficacia e tornano ad applicarsi di cui agli artt. 1123, 1124 e ss. c.c.
di Avv. Alessandro Gallucci
Condominio Web
Come si ripartiscono le spese condominiali?
Ai sensi del primo comma dell’art. 1123 c.c.
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Quello secondo i millesimi di proprietà è il criterio generale; ve ne sono altri specifici per singoli casi.
Si pensi all’art. 1124 c.c. sulla manutenzione di ascensori e scale, all’art. 1126 c.c. per i lastrici di uso esclusivo ed ancora al terzo comma dell’art. 1123 c.c. che riguarda i così detti condomini parziali.
Tutti questi criteri ed in generale tutti i criteri legali di ripartizione delle spese (non si dimentichi quello in base all’uso di cui secondo comma dell’art. 1123 c.c.) devono essere sempre applicati a meno che tutti i condomini non si mettano d’accordo differentemente.
E’ questo il senso dell’inciso finale del primo comma “salvo diversa convenzione”.
Tale convenzione può essere contenuta nel regolamento condominiale contrattuale, vale a dire quel regolamento sottoscritto da tutti i condomini al momento dell’acquisto delle unità immobiliari (ipotesi più probabile) o in un momento successivo (es. in un assemblea o in altra circostanza).
In tal senso, di recente, la Cassazione, ribadendo quanto già detto più volte, ha specificato che “in materia di condominio, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio vanno ripartite in quote uguali tra i condomini, giacché il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 c.c.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio), né siffatta deroga può avere alcuna effettiva incidenza sulla disposizione inderogabile dell'art. 1136 c.c. ovvero su quella dell'art. 69 disp. att. c.c., in quanto, seppure con riguardo alla stessa materia del condominio negli edifici, queste ultime disciplinano segnatamente i diversi temi della costituzione dell'assemblea, della validità delle deliberazioni e delle tabelle millesimali; v., anche, Cass., n. 898 del 1984)” (Cass. 7 ottobre 2013, n. 22824).
Il regolamento contrattuale vale per sempre? Non è detto. Vediamo perché.
Un contratto vale tra le parti che lo sottoscrivono. Il regolamento contrattuale altro non è che un contratto. Ne discende che esso varrà solamente per le parti sottoscrittrici.
Solitamente il regolamento condominiale viene menzionato per accettazione negli atti d’acquisto (la famosa formula “il compratore s’impegna a rispettare il regolamento condominiale, ecc.”).
Se le cose stanno così nulla quaestio: in pratica altro non si ha che un subentro di una nuova parte in quel contratto.
Lo stesso dicasi per il regolamento contrattuale che è stato trascritto (possono essere trascritti solamente alcuni regolamenti, ad esempio quelli che costituiscono servitù). La trascrizione rende conoscibile il contenuto dell’atto e quindi, si dice in gergo, lo rende opponibile a terzi. Insomma per mezzo di questa via chi acquista ma non ha accettato espressamente il regolamento è tenuto a rispettarlo perché avrebbe potuto conoscerlo.
E se, invece, la ripartizione secondo criteri convenzionali non è contenuta in un regolamento e/o non è accettata dal compratore? In questi casi il contratto cessa di avere la propria efficacia e tornano ad applicarsi di cui agli artt. 1123, 1124 e ss. c.c.
di Avv. Alessandro Gallucci
Condominio Web