Rovina degli edifici e responsabilità dell’amministratore di condominio: non sempre l’amministratore risponde dei danni causati dalle parti comuni dell’edificio.

30.12.2013 15:16
La manutenzione dell’immobile e gli obblighi dell’amministratore.

Trattando degli ascensori ("Omessa manutenzione degli ascensori. Rischia grosso l’amministratore di condominio") e della loro manutenzione si è già avuto modo di chiarire come gravi sull’amministratore di condominio l’obbligo di curare la conservazione delle parti comuni degli edifici, secondo quanto espressamente previsto dal codice civile all’art. 1130 comma 1 n. 4: relativamente a queste parti comuni, infatti, tale norma impone all’amministratore nello specifico di “compiere gli atti conservativi dei diritti”, ossia intraprendere ogni azione volta alla tutela dei diritti che riguardino le parti comuni (si pensi alle azioni reali od a quelle possessorie, ove vengano minacciati il diritto di proprietà o di uso delle parti comuni) ma anche e soprattutto di curarne la manutenzione nel senso fisico.

Spetterà quindi all’amministratore, previa delibera assembleare, non solo promuovere le azioni giudiziarie necessarie alla difesa o comunque tutela dei diritti inerenti gli spazi ed i beni prettamente condominiali, ma anche avere cura che questi siano sempre conservati in buono stato e soprattutto badare che non arrechino danni a terzi.

La posizione di garanzia derivante dall’art. 1130 cod. civ.: la responsabilità oggettiva dell’amministratore

La previsione normativa in parola pone quindi in capo all’amministratore un obbligo ben preciso: quello di prendersi cura delle parti comuni dell’edificio.

Diretta conseguenza di tale obbligo è la responsabilità dell’amministratore dell’eventuale rovina di tali parti nonché degli eventuali danni causati a terzi.

Tale responsabilità è di duplice tipo: civile e penale.

Civile, poiché dalla rovina e dai danni eventualmente arrecati a terzi deriva un obbligo risarcitorio; penale, ove tali eventi (o le loro conseguenze) abbiano risvolti penalmente rilevanti.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui una parte comune dell’edificio, per le sue pessime condizioni di manutenzione, arrechi danno a qualcuno, magari di tipo fisico: tale evenienza, in ambito penalistico, assume i connotati delle lesioni di cui all’art. 582 cod. pen. che, secondo l’espressa previsione dell’art. 589 cod. pen., possono essere punite anche a titolo di colpa (quindi anche ove non siano determinate dal dolo, ossia dalla volontà e volontarietà del soggetto agente).

L’art. 40 del cod. pen., poi, chiarisce che risponde (penalmente) di un evento colui che aveva l’obbligo di impedirlo.

È quindi facile comprendere come delle lesioni subite da un soggetto per la rovina di un bene condominiale non curato risponderà direttamente l’amministratore di condominio: questi infatti, non avendo curato la manutenzione cui era tenuto per legge (art. 1130 cod. civ.), ha di fatto non impedito un l’evento lesivo e ne risponderà, quindi, secondo l’art. 40 c.p..

L’amministratore, in casi del genere, viene quindi a trovarsi nella spiacevole condizione di chi è “presunto colpevole”, dal momento che l’evento lesivo è a lui direttamente imputabile, alvo prova del contrario.

La prova della mancanza di colpe.

La cosiddetta (e così chiarita) posizione di garanzia rivestita dall’amministratore di condomino, con riferimento ai danni arrecati dal cattivo stato manutentivo delle parti comuni, gli impone di provare in caso di evento lesivo non tanto la sua estraneità ai fatti quanto l’assenza di “nesso eziologico”: l’amministratore deve cioè provare che l’evento non è conseguenza della sua omissione (manutentiva).

Tale prova potrà essere raggiunta dimostrandosi o il caso fortuito (ossia l’evento è dipeso da eventi straordinari e non prevedibili) o soprattutto l’adempimento all’obbligo di legge, cui nonostante è seguito l’evento.

L’amministratore andrà quindi esente da colpe tutte le volte in cui riuscirà a dimostrare che l’evento addebitatogli, ossia la rovina delle parti comuni e, nel caso di specie, le lesioni che ne sono derivate, si sono verificate nonostante egli abbia adempiuto all’obbligo di manutenzione che la norme gli impone. Egli, infatti, non è direttamente tenuto ad evitare l’evento ma a far sì che esso non si verifichi: tutte le volte in cui avrà provato di essersi diligentemente e sufficientemente adoperato per evitare l’evento non ne risponderà benché esso si sia verificato. In caso contrario si violerebbe il noto principio per il quale ad impossibilia nemo tenetur (nessuno può essere costretto all’impossibile).

La rovina delle parti comuni mal riparate.

Così, ad esempio, in caso di rovina di un balcone nonostante la recente (ma, evidentemente, non sufficiente) manutenzione, non potrà essere condannato per lesioni colpose e non dovrà quindi risarcire i danni che ne sono derivati l’amministratore di condominio, specie ove dimostri di aver affidato i lavori ad una ditta che ne ha garantito l’efficacia: affidati i lavori ad una ditta e ricevute le garanzie di successo dell’intervento manutentivo, che altro avrebbe dovuto fare l’amministratore? A che titolo gli si potrebbe contestare l’eventuale successivo pur verificatosi danneggiamento? Quali colpe potrebbero venirgli addebitate?

La risposta è nessuna, ed egli andrà quindi dichiarato assolto dal reato di lesioni colpose eventualmente contestatogli, come ribadito in una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 46196 del 18/11/2013) che ha colto l’occasione per chiarire come in casi nel genere difetti l’elemento psicologico del reato (ossia “la colpa”), non essendosi l’amministratore sottratto agli obblighi di legge che, solo ove violati, ne avrebbero invece comportato la responsabilità secondo quanto previsto dall’art. 40 cod. pen.

di Avv. Mauro Blonda

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