Ripartizione delle spese per interventi di manutenzione sui pilastri condominiali
Come devono essere ripartite le spese necessarie per l'esecuzione d'un intervento manutentivo riguardante i pilastri di un edificio in condominio?
Prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio, pur non essendo citati tra le cose comuni, non v'erano dubbi che i pilastri dovessero essere considerati beni comuni.
Motivo?
La loro funzione in relazione all'intero edificio. E' noto, infatti, che l'art. 1117 c.c. non conteneva (e non contiene) una elencazione tassativa delle cose comuni, ma solamente esemplificativa di parti, servizi ed impianti che debbano essere considerati tali (salvo diversa indicazione del titolo).
In questo contesto giuridico, la differenza la faceva e la fa tutt'ora la funzione delle parti dell'edificio. Come ha specificato la giurisprudenza, citando esplicitamente i pilastri, “può sussistere, oltre che il suddetto collegamento funzionale, anche un legame materiale di incorporazione che rende le prime indissolubilmente legate alle seconde ed essenziali per la stessa esistenza o per l'uso di queste, dalle quali i beni comuni (muri, pilastri, travi portanti, tetti, fondazioni, facciate ecc.) non possono essere separati. Il collegamento, dunque, comporta un legame di diversa resistenza a seconda che le parti comuni siano essenziali per il godimento ovvero per l'esistenza delle unità singole, nel qual caso il vincolo di destinazione è caratterizzato dalla indivisibilità” (Cass. 21 dicembre 2007, n. 27145).
Presunzione di condominialità: chi decide?
Per completezza è bene specificare che oltre ad i pilastri devono essere considerati parti comuni anche i così detti pannelli di riempimento, vale a dire i muri esistenti tra un pilastro e l'altro. In tal senso, nel lontano 1982 la Corte di Cassazione ebbe modo di affermare che “in tema di parti comuni dell'edificio condominiale, nella nozione di muri maestri, di cui all'art. 1117 c.c., rientrano i pannelli esterni di riempimento fra pilastri in cemento armato, i quali ancorché la funzione portante sia assolta principalmente da pilastri ed architravi - sono anch'essi eretti a difesa degli agenti atmosferici e fanno parte della struttura e della linea architettonica dell'edificio, né siffatta condominialità viene esclusa dall'essere addossato ad essi il muro di altro fabbricato costruito in aderenza, restando ciascuno degli edifici delimitato, difeso e strutturalmente delineato dal proprio muro, con la conseguente autonomia giuridica della disponibilità che su ciascuno hanno i diversi nuclei di condomini, senza alcuna ingerenza dell'uno sul muro dell'altro” (Cass. 9 febbraio 1982, n. 776).
La legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio) ha specificamente inserito i pilastri e le travi portanti tra i beni che devono essere considerati di proprietà comune (salvo un'improbabile diversa indicazione dei titoli, ossia degli atti d'acquisto o dei regolamenti contrattuali).
In questo contesto, pertanto, se i pilastri sono beni comuni, è evidente che tutti i condomini debbano partecipare alle spese per la loro manutenzione e conservazione. Unica eccezione, quella prevista dal terzo comma dell'art. 1123 c.c. a mente del quale “qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità”. Si tratta della norma da cui prende si spunto per la configurazione del così detto condominio parziale
Così se un condomino è proprietario solamente di un box esterno all'edificio (o comunque strutturalmente autonomo), egli non dovrà partecipare alle spese di conservazione dei pilastri in quanto non potrà essere considerato comproprietario degli stessi.
Articolo di Avv. Alessandro Gallucci
Fonte: www.condominioweb.com