Rete fognaria inadeguata. È possibile negare il permesso di costruire?

07.01.2014 18:33

(T.A.R. Sardegna, sez. II, sent. 23 ottobre 2013, n. 664)

Il ricorrente è proprietario di un lotto di terreno intercluso all’interno di una lottizzazione di 150 costruzioni realizzata da una società immobiliare che ha frazionato l’area, venduto i lotti e realizzato le infrastrutture, e che nel suo complesso è pressoché integralmente edificata; il lotto del ricorrente è uno di quelli residui non ancora edificati.

Il proprietario, pertanto, aveva presentato “domanda di concessione edilizia per realizzare sul proprio lotto un fabbricato trifamiliare di civile abitazione”.

Il Comune, però, ha negato il rilascio del titolo abilitativo poiché “l’area interessata dall’istanza di concessione ad edificare è sprovvista di piani attuativi e non risulta possibile il rilascio di concessione diretta in quanto lo stato di urbanizzazione di fatto riscontrabile non soddisfa pienamente le finalità proprie del piano attuativo mancando le aree pubbliche per standards urbanistici, la pubblica viabilità e una efficiente rete di raccolta dei liquami fognari con idoneo impianto di depurazione". Il T.A.R. adito ha ritenuto legittimo tale diniego.

I lotti “interclusi”. Il ricorrente si è opposto al diniego dell’amministrazione richiamando la giurisprudenza relativa ai cc.dd. lotti interclusi che si realizzano, “secondo una preferibile rigorosa impostazione, allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente:

  • sia l’unica a non essere stata ancora edificata;
  • si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;
  • sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;
  • sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.

In sintesi, si consente l’intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico (cfr. Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013)” (Cons. St., sez. IV , sent. 10 giugno 2010, n. 3699).

Perché è stata richiamata questa nozione?

Per i progetti edilizi ampi e complessi il P.R.G deve essere attuato attraverso la predisposizione di strumenti urbanistici di dettaglio (i piani attuativi) che consentono di inserire all’interno del territorio comunale tali progetti al fine di razionalizzare gli spazi e i servizi (es. parcheggi, fognature, spazi publici attrezzati) necessari alla loro corretta fruizione da parte della collettività. In tali casi, infatti, l’intervento diretto attuato attraverso il rilascio di singoli titoli abilitativi causerebbe degli effetti negativi al “territorio”.
Questa regola, però, è stata attenuata dalla giurisprudenza che in più di una occasione ha dichiarato che qualora il fondo debba ritenersi intercluso è possibile, anzi consigliabile, procedere all’“intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico” (cfr. Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013).

Nel caso in esame, quindi, il ricorrente tentava di ottenere l’applicazione di questo principio affinché potesse realizzare il proprio fabbricato “svincolandosi” dall’intera zona lottizzata che presentava una serie di numerosi problemi.

Secondo l’insegnamento giurisprudenziale, infatti, “una concessione edilizia può essere rilasciata anche in assenza del piano attuativo pur richiesto dalle norme di piano regolatore quando in sede istruttoria l'Amministrazione abbia accertato che il lotto del richiedente è l'unico a non essere stato ancora edificato, vi è già stata, cioè, una pressoché completa edificazione dell'area (come nell'ipotesi del lotto residuale ed intercluso), e si trova in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche dotata delle opere di urbanizzazione; pertanto, si può prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo, in pratica, nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall'attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti" (C.d.S., V, 5 dicembre 2012, n. 6229; 5 ottobre 2011, n. 5450; IV, 1° agosto 2007, n. 4276; 21 dicembre 2006, n. 7769) (Cons. St., sez. V, sent. 31 ottobre 2013, n. 5251).

La decisione del T.A.R. Sardegna.

Le argomentazioni del ricorrente “pur condivisibili in termini generali, e anche a prescindere da ogni considerazione in ordine alla pure contestata adeguatezza delle strade e di idonei spazi pubblici, non possono trovare riscontro favorevole dal Tribunale attesa la clamorosa carenza nell’ambito” lottizzazione “di un’opera di urbanizzazione (la rete fognaria) che, avuto anche riguardo alla delicatezza e al particolare pregio ambientale del sito, avrebbe dovuto costituire conditio sine qua non per l’attuazione della lottizzazione”.

Il Collegio, inoltre, ha anche sottolineato l’importanza fondamentale del ruolo dell’amministrazione che nel caso in esame aveva consentito la realizzazione disorganica ed eccessiva di ben 150 fabbricati.

Pertanto essa “non può limitarsi a pretendere che i proprietari dei residui lotti non edificati – verosimilmente nel disinteresse di coloro che hanno già edificato - propongano dei piani attuativi estesi a tutta la comunione immobiliare, ma dovrà anche farsi parte attiva nella soluzione del problema del progressivo recupero della legittimità della lottizzazione, se del caso anche attraverso la predisposizione di piani attuativi ad iniziativa pubblica, per realizzare una primaria e ormai imprescindibile opera di urbanizzazione, verificando nell’occasione, se del caso ponendovi rimedio, l’adeguatezza e l’idoneità delle altre opere di urbanizzazione già esistenti”.

Conclusione.

Le censure del ricorrente, quindi, non hanno trovato accoglimento a causa della “carenza delle opere di urbanizzazione primaria alla quale, ovviamente, non può sopperirsi con la mera previsione di un ulteriore ennesimo impianto individuale di discarica a dispersione”.

Articolo do Avv. Gian Luca Ballabio
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