Perché è giusto dire che l'amministratore è in prorogatio imperii anche se è stato revocato dall'incarico?
Quando è possibile dire che all'amministratore di condominio è applicabile l'istituto della prorogatio imperii?
Prima di rispondere a questo interrogativo è utile rispondere ad un altro: che cosa deve intendersi per prorogatio imperii?
Si tratta di un istituto che deriva dal diritto romano e che considera lecita e quindi produttiva di effetti giuridici la prosecuzione in un incarico scaduto della persona chi fino ad allora era titolare della carica e fintanto che quella carica non sia assegnata ad una nuova persona.
In buona sostanza l'ordinamento giuridico considera (presume) come conforme alla volontà del rappresentato e necessario al fine di garantire la continuità amministrativa dell'ente di riferimento della carica “scoperto”, l'esercizio in prorogatio dei poteri da parte dell'ultimo titolare.
Una situazione del genere accade sovente in ambito condominiale. Si pensi all'amministratore cui sia scaduto il mandato ed a quello dimissionario. Rispetto ad essi non vi sono dubbi che trovi applicazione l'istituto della prorogatio imperii.
Non solo; anche l'amministratore illegittimamente nominato resta in carica “in prorogatio” dal momento dell'accertamento dell'illegittimità della sua nomina e fino alla sua sostituzione. Come lui anche quello revocato.
Se per i primi due casi non vi sono particolari problemi a comprendere il perché, in quanto non v'è stata manifestazione di volontà dei condomini era contraria all'amministratore, nelle ultime due ipotesi qualcuno solleva dei dubbi: sia nel caso della nomina illegittima ed anche e soprattutto nel caso di revoca, non v'è il consenso verso l'amministratore. Quindi, stando così le cose, com'è possibile parlare di prorogatio?
È possibile, perché, come ha affermato la Cassazione in numerose circostanze, “in tema di condominio di edifici, l'istituto della ‘prorogatio imperii' - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore - è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, secondo comma, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina.
Ne consegue che, l'assemblea può validamente essere convocata dall'amministratore, la cui nomina sia stata dichiarata illegittima, non ostando al riguardo il dettato di cui all'art. 66, secondo comma, c.c., in quanto il potere di convocare l'assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell'amministratore che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell'amministratore o di illegittimità della sua nomina". (così Cass., Sez. Il, n. 1405 del 2007; conformemente cfr. Cass., Sez. il, n. 3139 del 1973; Cass., Sez. II, n. 3588 deI 1993; Cass., Sez. II, n. 5083 del 1994; Cass., Sez. Il, 27.03.03 n. 4531 e, più recentemente, Cass., Sez. II, 30.10.12 n. 18660)” (Cass. 13 giugno 2013, n. 14930).
La tesi sostenuta dai giudici del palazzaccio è stata fatta propria dal Legislatore della riforma. Oggi, infatti, all'ottavo comma dell'art. 1129 c.c. è previsto che “alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.
La norma è scritta pessimamente poiché non è chiaro a chi debbano essere consegnati i documenti (potrebbe anche volersi non nominare alcun amministratore, nelle ipotesi in cui ciò non è obbligatorio) e soprattutto poiché anche la scadenza dell'incarico è da ritenersi causa di cessazione del medesimo, sembrerebbe che l'amministratore debba consegnare le carte anche al ricorrere di questa circostanza.
Ad ogni buon conto e tornando all'oggetto di questo approfondimento, tra i motivi di cessazione dell'incarico rientrano la scadenza naturale, le dimissioni e la revoca, indi per cui non v'è motivo per dubitare che anche nel caso di revoca sia applicabile, anche dopo l'entrata in vigore della riforma, il così detto istituto della prorogatio imperii.
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Fonte www.condominioweb.com
Articolo di Avv. Alessandro Gallucci