Nuda proprietà e usufrutto: come sfruttarle a proprio vantaggio

23.01.2014 22:43

Solitamente si vengono a conoscere i significati di “nuda proprietà” e “usufrutto” in occasione di trasferimenti immobiliari che avvengono all’interno della propria famiglia, per fini sostanzialmente successori.

Infatti, per anticipare gli effetti della ripartizione dell’asse ereditario, o comunque per pianificarla, si è soliti donare ai propri eredi (in genere i legittimari oppure nipoti nel caso di persone senza discendenti in linea retta) la nuda proprietà degli immobili di cui si è proprietari, riservandosi l’usufrutto degli stessi, in modo da continuarli a utilizzare - come se si fosse proprietari - per tutto il resto della propria vita. Al suo termine, come previsto dalla legge, nuda proprietà e usufrutto si consolideranno in capo al nudo proprietario, che acquisterà così la piena proprietà dell’immobile.

La nuda proprietà come strumento di investimento. In un mercato immobiliare pressoché fermo, la divisione della proprietà piena in “nuda proprietà” e “usufrutto” può rivelarsi vantaggioso per entrambe le parti. Vediamo in che modo partendo dal nudo proprietario.

Ipotizziamo di essere pieni proprietari di uno o più immobili, che abbiamo in precedenza acquistato o ricevuto in eredità. Sappiamo bene che oggi risulta alquanto difficile venderli, per le ragioni che abbiamo già analizzato. Proprio per via della generale mancanza di liquidità nonché per la difficoltà di accesso ai mutui, vi è però una grande richiesta di immobili in locazione.

Se decidiamo di affittare il nostro immobile, sappiamo (il calcolo è stato effettuato da analisti esperti) che otterremo una rendita lorda del 5-6% annuo, che al netto si riduce alla metà, considerando le imposte da pagare, gli oneri di manutenzione e altre spese varie che fanno capo al proprietario. Senza considerare che un contratto di locazione è sempre a forte rischio di contenzioso, sia per l’eventuale mora dell’inquilino, sia per danni o che possono derivare all’immobile e che potrebbero comunque richiedere la necessità di un’azione legale.

Se il proprietario dell’immobile, anziché locare lo stesso decidesse di vendere l’usufrutto a tempo determinato (vale a dire per 18-20 anni, che è un tempo congruo), otterrebbe una rendita di gran lunga superiore, senza tutta una serie di oneri che invece gravano sul pieno proprietario.

Considerando un immobile del valore di circa 200.000 euro, la vendita dell’usufrutto porterebbe immediatamente nelle casse del proprietario - che diventerà con questa operazione immobiliare “nudo proprietario” - un importo pari a circa la metà del valore dell’immobile. Egli lo potrà immediatamente utilizzare o investire in strumenti finanziari a basso-medio rischio, capaci di garantirgli una rendita comunque superiore a quella della locazione. Inoltre, al termine dell’usufrutto, egli avrà riacquistato la piena proprietà di un immobile che, nel peggiore dei casi, si sarà rivalutato di almeno il 2,5% annuo considerando il tasso di inflazione medio.

In sostanza, con questa operazione immobiliare, il proprietario dell’immobile che vende l’usufrutto si garantisce una rendita complessiva annua pari all’8-9%, senza oneri fiscali, visto che tutte le imposte graveranno sull’usufruttuario. La soluzione è ideale anche per le imprese edili che hanno costruito immobili e non riescono a venderli. Con questa soluzione potrebbero riuscire ad estinguere i mutui contratti con le banche per l’investimento realizzato.

Il vantaggio di essere usufruttuario. Essere usufruttuario non è certo meno vantaggioso. In genere chi ha interesse ad esserlo è proprio chi ha interesse principalmente ad occupare e utilizzare l’immobile per esigenze personali-familiari, ovvero per esigenze di natura professionale-imprenditoriale.

Per l’usufruttuario il vantaggio principale è nella stabilità che offre questo strumento giuridico rispetto alla locazione, soprattutto se si tratta di un immobile da adibire ad attività professionale o d’impresa. Dobbiamo però sempre fare riferimento ad un usufrutto a tempo determinato, della durata di circa 18-20 anni.

Non è trascurabile anche il risparmio economico rispetto ad una locazione, che viene anche ad essere rinegoziata periodicamente, con il rischio di essere sfrattati nel caso in cui il proprietario trovi altri conduttori in grado di offrire un prezzo superiore a quello pagato da chi già occupa l’immobile.

Infatti, chi acquista l’usufrutto dell’immobile (soprattutto professionisti e imprese, ma anche privati per uso abitativo) ha la possibilità di accedere al leasing immobiliare, che è nella sostanza una sorta di locazione, con il vantaggio di pagare però rate di gran lunga inferiori ai canoni di locazione e di vederle sostanzialmente decrescere col passare del tempo. Si stima infatti che una rata di leasing possa essere inferiore fino al 50% rispetto ai canoni di locazione.

Conclusioni. Anche se per ragioni editoriali non possiamo approfondire ulteriormente il tema trattato, risulta evidente come strumenti giuridici già codificati dal nostro ordinamento possano fungere da soluzione economica per il mercato immobiliare. Come abbiamo visto, gli stessi costruttori potrebbero avvantaggiarsi di questa opportunità per l’ammortamento dell’investimento effettuato, azzerando gli oneri che gravano attualmente sulle loro spalle per via dei mutui contratti e della difficoltà nel vendere la piena proprietà degli immobili.

E’ interessante notare come la divisione della proprietà immobiliare in usufrutto e nuda proprietà, oltre a soddisfare le diverse e contrapposte esigenze pratiche delle due parti, consenta anche di ottenere un importante risparmio per l’usufruttuario e una rendita ben superiore a quella derivante dalla locazione per il nudo proprietario. Come molto spesso accade le soluzioni più semplici sono quelle più interessanti.

Articolo di Avv. Stefano Narducci
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