L'acquisto della casa all'asta o a seguito di conciliazione giudiziaria non grava sulle imposte fiscali. Si applica il regime derogatorio della rendita catastale.
Tra le liti giudiziarie più presenti nelle aule di giustizie vi sono quelle che hanno ad oggetto beni immobili. Trattasi di dispute dai casi più disparati. Talvolta però, solo in sede giudiziale e prima della emanazione della Sentenza, si trova un accordo. Non prima.
Il Giudice, in tal caso, redige un verbale di conciliazione con il quale dà atto della definizione bonaria della fattispecie trattata, ivi specificando i contenuti dell'accordo.
Tanto è occorso a due contribuenti trentini.
Il caso.
Con un verbale di conciliazione giudiziario Tizio cedeva a Caio le quote di comproprietà di due immobili, pari alla metà del valore, stimate nella misura di Euro 400.000,00.
Nel verbale di conciliazione entrambe le parti chiedevano ed ottenevano dal Giudice a quo di darsi luogo all'applicazione dell'art. 52, commi 4 e 5, del DPR nr 131/1986 (richiamato in forza dell'art. 1, comma 497, Legge 266/2005), ai fini della determinazione dell'imponibile a cui assoggettare il calcolo delle imposte dovute al fisco.
In particolare, la norma richiamata consentiva loro di commisurare l'entità del tributo sulla scorta del valore indicato nella rendita catastale dell'immobile (rivalutato secondo specifici coefficienti) e non invece sulla base del prezzo di "compravendita".
In effetti, erano preesistenti entrambi i presupposti applicativi richiesti ex lege, siccome:
- la cessione avveniva tra persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;
- la cessione aveva ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze.
L'avviso di accertamento tributi. Sennonché, l'Agenzia delle Entrate, esaminato ex post l'anzidetto verbale, bocciava la scelta in ordine al regime fiscale derogatorio (sulla base della rendita catastale) applicato al caso.
Notificava ad entrambi i contendenti un avviso di accertamento, ivi liquidando le imposte sulla base del valore del corrispettivo convenuto, cioè, per l'appunto, 400.000 euro.
Ai fini della determinazione della base imponibile - affermava l'Agenzia delle Entrate - doveva trovare applicazione la disposizione generale contenuta nei commi 1 e 4 dell'art. 43 D.P:R. n. 131/1986, in forza della quale: "La base imponibile, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, è costituita:
- a) per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, dal valore del bene ?;
- b) per i contratti che importano l'assunzione di una obbligazione di fare in corrispettivo della cessione di un bene o dell'assunzione di altra obbligazione di fare, dal valore del bene ceduto [?]);
Viceversa - sempre secondo l'ente impositore - non risulterebbe applicabile, dal punto di vista analogico, alla fattispecie trattata l'articolo 1, comma 497 della legge 266/2005, siccome trattasi di norma speciale derogatoria che fa segnatamente riferimento ai soli atti posti in essere dal notaio. Ergo, la norma in questione non è estensibile a quelli invece emessi da un giudice (il precetto - contenuto nella finanziaria 2006 - per inciso così recita: "In deroga alla disciplina di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, per le sole cessioni fra persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Gli onorari notarili sono ridotti del 20 per cento.").
Il giudizio di impugnazione. I due contribuenti ed ex litiganti non ci stavano (a pagare l'esosa liquidazione dei tributi resa dall'ente impositore rispetto quanto da loro convenutosi) e impugnavano l'avviso impositivo avanti la Commissione Tributaria della Provincia di Bolzano. In primo grado, il Giudice tributario gli dava ragione.
L'ente impositore soccombente non pago (verrebbe proprio da dire?), sollevava gravame avverso alla Sentenza, tacciandola di illegittimità.
Ma anche qui, il Giudice dell'appello respingeva la pretesa erariale.
Esaminiamo perché.
La motivazione.
Intanto, il Giudice del gravame riconosceva la sussistenza di alcuni punti fermi, che rendevano applicabile la norma "derogatoria" alla fattispecie trattata: sarebbe a dire, l'incontestata preesistenza, da una parte, di una cessione immobile ad uso abitativo (non commerciale) e, dall'altra, dei requisiti soggettivi delle parti negozianti (i quali figuravano in una veste non imprenditoriale).
Soggiungeva, pertanto, il decidente che la particolarità della vicenda era rappresentata dalla sola circostanza per cui la cessione non si era perfezionata avanti ad un notaio rogante, bensì avanti ad un magistrato nell'esercizio delle proprie funzioni.
Il punto nodale della vicenda, postulava allora la risposta al seguente interrogativo: "un verbale di conciliazione giudiziaria può equipararsi ad un atto rogato da un notaio"? La risposta: certamente sì!
Iter argomentativo espresso.
Non si vede, infatti, il motivo, per cui un giudice non possa equipararsi ad un notaio, in considerazione della medesima qualifica di pubblico ufficiale e della identità di funzioni svolte, avuto riguardo al caso concreto.
Vi è più che la Corte Costituzionale, con provvedimento nr 6 di data 15.01.2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 497, L. n. 266/2005, nella parte in cui non prevedeva la facoltà per gli acquirenti di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze acquisiti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto, che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, di chiedere che la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali fosse costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'art. 52, commi 4 e 5 D.P.R. n. 131/86.
Il Giudice delle leggi ha chiarito, pertanto, che il regime derogatorio previsto dalla detta norma può trovare applicazione anche per atti traslativi giudiziari.
Ora, se è pur vero che la Sentenza anzidetta si riferisce ad atti traslativi giudiziari (espropriazione) diversi da quello in disamina (verbale di conciliazione giudiziaria), è altrettanto vero che un differenziazione nel regime di trattamento importerebbe un ingiustificabile sperequazione tra i contribuenti.
"Ciò perché, come affermato dalla Corte Costituzionale nella ricordata sentenza: La mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non è sufficiente a giustificare la discriminazione di due fattispecie caratterizzate da una sostanziale omogeneità" (sentenze n. 328 del 1983, n. 156 del 1976 e n 39 del 1970).
In conclusione.
Dovrebbe risultare oramai pacifico il principio per cui anche per le cessioni immobiliari occorrende in sede giudiziale - indipendentemente dalla natura del procedimento - la liquidazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali potrà avvenire, ove ne sussistano le condizioni soggettive e giuridiche, secondo il regime fiscale derogatorio previsto dall'art. 52, commi 4 e 5 del DPR 131/86.
Quali imposte ipotecarie e catastali per il Trust immobiliare?
Articolo di Avv. Dolce Rosario
Fonte www.condominioweb.com