La diffida a proseguire nel possesso non basta a fermare il decorso del tempo utile per l'usucapione

22.05.2014 17:55

L'usucapione è una modalità di acquisto della proprietà o di altro diritto reale di un bene, mobile o immobile, a titolo originario fondato sul passaggio del tempo.

In sostanza se una persona possiede un bene immobile in modo non violento e non clandestino per almeno vent'anni può reclamare l'acquisto della proprietà o di altro diritto reale.

Si può usucapire una servitù di passaggio (cfr. art. 1061 c.c.), la proprietà, l'usufrutto ecc.

Requisito fondamentale per l'operatività di tale istituto è il possesso.

Quando è stata chiamata a pronunciarsi in merito ai requisiti per la ricorrenza dell'acquisto per usucapione, la Corte di Cassazione ha affermato che “per la configurabilità del possesso ad usucapionem, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all'uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno ius in re aliena (ex plurimis Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652) (Cass. 23 maggio 2012 n. 8158).

L'usucapente dev'essere entrato in possesso del bene in modo non violento e soprattutto in maniera chiara e manifesta.

Molto spesso il possesso inizia nell'erronea supposizione della reale esistenza di un diritto: la pervenuta consapevolezza dell'erroneità di tale supposizione non conta ai fini della prosecuzione del possesso. Ciò che conta è la situazione di fatto abbia avuto inizio senza atti di forza. (Usucapione e interversione del possesso.)

Che cosa accade se chi si vanta d'essere proprietario del bene oggetto del possesso se ne lamenta?

Stando a quanto affermato in più occasioni, e recentemente ribadito dalla Cassazione (vedi sent. 9286 del 6 maggio 2014), fintanto che non vi sia un atto giudiziale o materiale che comporti la contestazione e/o la perdita del possesso non accade nulla. Detta diversamente: la semplice diffida o messa in mora del possessore non scalfiscono il passaggio del tempo utile ai fini per il compimento dell'usucapione.

In tal senso nella succitata pronuncia di legittimità, è stato affermato (rectius ribadito) che “gli atti di diffida e di messa in mora sono idonei ad interrompere la prescrizione dei diritti di obbligazione, ma non anche il termine utile per usucapire, potendosi esercitare il relativo possesso anche in aperto e dichiarato contrasto con la volontà del titolare del diritto reale, cosicché è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso solo ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali diretti ad ottenere "ope iudicis" la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente, come la notifica dell'atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili in ordine ai quali si vanti un diritto dominicale, conformemente alle pronunce di questa Corte menzionate nella stessa sentenza impugnata, nel solco di un orientamento consolidato, ribadito anche più recentemente (vedi in tal senso Cass. 11-7-2011 n. 15199)” (Cass. 6 maggio 2014 n. 9682).

Articolo di Avv. Alessandro Gallucci

Fonte: www.condominioweb.com