Il sottotetto è condominiale o del singolo condomino? Per saperlo bisogna guardare al primo atto di vendita (o alla natura del bene).
Il fatto che l’atto d’acquisto d’una unità immobiliare, ubicata all’ultimo piano di un edificio in condominio, faccia intendere che il sottotetto dev’essere considerato parte integrante di quest’ultima, non ha alcun valore se non si ha prova che esso è conforme a quanto specificato nel primo atto di cessione a seguito del quale è sorto il condominio.
Detta diversamente: una parte che fin dalla nascita del condominio è da ritenersi di proprietà comune (o esclusiva) non può essere considerata oggetto di cessione nei successivi atti d’acquisto.
Questo in sintesi, il cuore della sentenza n. 28141, resa dalla Suprema Corte di Cassazione il 17 dicembre 2013.
La pronuncia degli ermellini si fa notare anche per due altri motivi che rappresentano una conferma di altrettanti orientamenti del Supremo Collegio:
- il momento in cui si deve considerare sorto il condominio;
- le caratteristiche strutturali che consentono di individuare la natura, condominiale o meno, del sottotetto.
Il caso che ha portato alla sentenza in esame è di quelli molto ricorrenti nelle aule di giustizia italiane: un condomino, proprietario di un’unità immobiliare ubicata all’ultimo piano dell’edificio, esegue dei lavori e, così facendo, annette il sottotetto alla sua proprietà.
Il condominio non ci sta e gli fa causa: quella parte d’edificio è comune e quindi quei lavori sono illegittimi. Che il sottotetto sia restituito all’uso della collettività: questa la richiesta al giudice adito. Il condomino, invece, ritiene che quella parte dell’edificio debba essere considerata di sua esclusiva proprietà.
La causa, tra alterne vittorie (in primo grado la spunta il condominio, in secondo il comproprietario) finisce davanti ai giudici di piazza Cavour, i quali cassano con rinvio (ossia annullano) la sentenza di secondo grado.
Vediamo perché.
L’atto da cui può essere valutata la natura condominiale o meno di una parte dell’edificio è il primo atto di cessione della prima unità immobiliare da parte dell’originario unico proprietario; da questo momento, infatti, dev’essere considerato sorto il condominio e quindi da quell’atto si può comprendere quali cose, siano state messe il condominio. I successivi atti d’acquisti devono essere conformi a questo, altrimenti devono considerarsi errati sul punto.
È questa la prima conferma di cui parlavamo, ossia quella riguardante il momento della nascita del condominio.
In più d’una occasione, infatti, la Cassazione ha specificato che “ il condominio sorge ipso iure et facto, e senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano, aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio” (così Cass. 4 ottobre 2004, n. 19829).
E se gli atti non dicono nulla?
Il sottotetto dev’essere considerato parte di proprietà comune o esclusiva?
A questo punto, vale a dire nel silenzio degli atti, bisogna guardare alla funzione svolta da questa parte dell’edificio.
Nella sentenza n. 28141/13 si legge che nel silenzio dei titoli (atti d’acquisto e/o regolamento contrattuale), il sottotetto “ può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall'umidità, tramite la creazione di una camera d'aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo” (Cass. 17 dicembre 2013, n. 28141). Nel caso di specie, non solo i giudici avevano errato nella valutazione degli atti d’acquisto (negli atti del giudizio non v’era il primo atto ma solamente quello del condomino litigante) ma non avevano nemmeno valutato correttamente la natura del sottotetto alla luce di questo principio.
Tale principio, è ben ricordarlo, è stato sostanzialmente ripreso dalla riforma del condominio che modificando l’art. 1117 c.c. ha menzionato il sottotetto tra le parti comuni, se la natura e le sue caratteristiche strutturali consentano di considerarlo tale.
In definitiva nella controversia sottesa alla sentenza n. 28141 tutto è ancora da definire, ma in linea generale, la Cassazione conferma i propri consolidati orientamenti.
Articolo di Alessandro Gallucci
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