Dati catastali errati . Non possono determinare automaticamente la risoluzione del contratto preliminare
Approda in Cassazione una vicenda avente ad oggetto la richiesta di risoluzione per inadempimento del convenuto di due contratti preliminari stipulati per l'acquisto di due immobili. I giudici hanno puntualizzato che se l'attore si limita a chiedere la risoluzione del rapporto per inadempimento della controparte, la sentenza di secondo grado non può disporre la risoluzione consensuale del rapporto poiché in tal caso incorre nel vizio di ultrapetizione.
Il fatto.
Il promissario acquirente cita in giudizio il promittente venditore assumendo che quest'ultimo con due contratti gli aveva promesso in vendita due complessi immobiliari, deducendo che per tale compravendita aveva versato una ingente caparra. Dopo la stipula dei preliminari non era stato possibile procedere alla conclusione dei rispettivi contratti definitivi poiché: uno degli immobili era risultato accatastato in modo irregolare, mentre l'altro non era stato per nullo accatastato.
Lo svolgimento del giudizio di primo grado. L'attore, quindi, promissario acquirente aveva chiesto al giudice di primo grado di pronunciare la risoluzione di entrambi i contratti preliminari per inadempimento del convenuto ( promittente venditore).
Il convenuto (promittente venditore) una volta costituitosi in giudizio contesta in toto la fondatezza della domanda attrice sostenendo, invece, che era stato il promissario acquirente a rendersi inadempiente e pertanto egli era legittimato ad esercitare il diritto di recesso ed a trattenere la caparra. Da non perdere: Legittimo il recesso dal preliminare se manca il certificato di abitabilità.
Il giudizio di primo grado si conclude con sentenza del Tribunale di Torino che rigetta la domanda attrice. Per quanto concerne il primo dei due contratti la sentenza ha stabilito che il termine previsto per la stipula del contratto definitivo non era essenziale, e che il recesso del venditore era da ritenersi conseguenza dell'inadempimento dell'acquirente che aveva dichiarato la sua mancata disponibilità finanziaria.
A tal proposito la sentenza puntualizzava che pur essendo state rilevate delle irregolarità catastali le stesse non potevano essere considerate come una inadempienza a carico del venditore di portata tale da giustificare la risoluzione del rapporto, e tale circostanza trovava conferma nel fatto che il contratto preliminare aveva già previsto la possibilità di variazioni dell'identificazione catastale dell'immobile al momento del rogito, e che in ragione della futura stipula del contratto definitivo il venditore aveva già affidato incarico ad un professionista che avrebbe dovuto occuparsi della regolarizzazione degli immobili in questione e la stessa pronuncia precisava che la stipula del definitivo non era avvenuta a fronte delle dichiarate difficoltà finanziarie del promissario acquirente.
L'attore impugna tale sentenza dinanzi alla Corte d'appello che, entrando nel merito della vicenda, ha rilevato che già nel momento in cui in cui l'acquirente aveva dichiarato la mancanza di disponibilità finanziarie per l'acquisto dell'immobile non esistevano le condizioni per la conclusione dell'operazione in questione anche perché giuridicamente e catastalmente gli immobili non potevano essere venduti. Preso atto di tale situazione, dopo aver analizzato le difese delle parti, la Corte d'appello non aveva potuto far altro che constatare la volontà di entrambe le parti di non procedere alla stipula del contratto definitivo e dopo aver dichiarato risolto il contratto condannava il promittente venditore a restituire al promissario acquirente la somma versatagli da quest'ultimo a titolo di caparra. A questa conclusione la sentenza di seconda grado giunge dopo aver verificato che da un lato l'acquirente non aveva le disponibilità finanziarie per procedere all'acquisto con contratto definitivo degli immobili, mentre d'altra parte il venditore non poteva vendere gli immobili a causa delle irregolarità catastali.
Il ricorso in Cassazione.
Per quanto riguarda le valutazioni compiute dalla Corte d'appello la sentenza della Corte di Cassazione rileva che la motivazione della corte di merito può considerarsi priva di vizi logico giuridici, e che la stessa era giunta alla conclusione della risoluzione del contratto per inadempimento perché l'inadempimento delle parti era stato reciproco. Infatti così come il venditore non poteva considerarsi adempiente poiché non aveva garantito la corretta condizione catastale del cespite prima di avviarne le vendita, anche l'acquirente si era reso inadempiente quando aveva comunicato la mancanza delle possibilità finanziarie.
Per questo dato che l'inadempimento era reciproco e non poteva essere imputato esclusivamente ad una o all'altra parte contrattuale, la Corte d'appello aveva optato per la risoluzione consensuale del contratto.
La Cassazione, però, non condivide tale soluzione precisando che la Corte d'appello, nel caso di specie, avrebbe dovuto limitarsi solo a rilevare l'infondatezza delle avverse pretese, dato che le parti non avevano espresso alcuna volontà di risolvere il contratto.
Articolo di Avv. Leonarda Colucci
Fonte www.condominioweb.com