Ascensore troppo rumoroso? Il giudice può dire si anche se i rumori sono in linea con i parametri normativi
Un ascensore può essere considerato troppo rumoroso e quindi il giudice può condannare il proprietario (nel caso di edificio condominio, la compagine) ad eliminare quei rumori ponendo in essere le opere all’uopo necessarie anche se i rumori sono contenuti nei parametri normativi di riferimento.
Questa, in estrema sintesi, la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 25019 del 6 novembre 2013.
Intollerabilità delle immissioni di qualunque genere
C’è una norma del codice civile, l’art. 844, che si occupa di disciplinare i rimedi azionabili per il caso di immissioni rumorose (e non solo) intollerabili.
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Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
La valutazione della normale tollerabilità, da esaminarsi anche in relazione alle varie esigenze in gioco (ossia un bilanciamento tra i vari diritti), è rimessa alla discrezionalità del magistrato giudicante; la decisione del giudice, è dato assodato, non è censurabile in Cassazione se adeguatamente motivata.
Rumori intollerabili e parametri normativi
Esiste un atto normativo di rango secondario (solo tali quei provvedimenti che non sono né leggi, né decreti legge, né decreti legislativi) che stabilisce dei limiti massimi oltre i quali un determinato rumore dev’essere considerato illegittimo: il riferimento è al d.p.c.m. (decreto del presidente del consiglio dei ministri) 14 novembre 1997. La norma è dettata al fine della valutazione della legittimità nei rapporti con la pubblica amministrazione. Insomma se un rumore supera i parametri previsti dal decreto, l’organismo deputato all’accertamento della violazione può irrogare la sanzione.
In più di un’occasione ci si è domandati: il d.p.c.m. 14 novembre 1997, vale solo nei rapporti con la pubblica amministrazione o si applica anche nei rapporti tra privati? E se i rumori non superano le soglie regolamentari?
Domande che, in più d’una occasione, sono finite negli atti giudiziari e di conseguenza sono state oggetto di pronunce giurisprudenziali.
I rumori nei limiti possono comunque essere intollerabili ai sensi dell’art. 844 c.c.
E’ questa, nella sostanza, la presa di posizione più volte espressa dalla Corte di Cassazione e ribadita nella sentenza n. 25019.
Nel caso di specie un condominio, che era stato condannato a porre rimedio in relazione all’eccessiva rumorosità di un impianto di ascensore, ricorreva in Cassazione per chiedere l’annullamento di quella decisione.
Nella sostanza la compagine poneva al giudice gli stessi quesiti generali che abbiamo indicato in precedenza.
La Cassazione ha risposto (rigettando il ricorso) nel seguente modo:
“Alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. n. 5679 del 2001), si è ritenuto, con riferimento al D.P.C.M. 1 marzo 1991, che i criteri dallo stesso previsti per la determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore, ancorché dettati per la tutela generale del territorio, possono essere utilizzati come parametro di riferimento per stabilite l'intensità e - di riflesso - la soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati purché, però, considerati come un limite minimo e non massimo, dato che i suddetti parametri sono meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell'art. 844 c.c., con la conseguenza che, in difetto di altri eventuali elementi, il loro superamento è idoneo a determinare la violazione di tale norma.
Orbene, nella specie, il giudice di appello - valorizzando le risultanze delle effettuate c.t.u. - ha accertato il superamento della normale tollerabilità delle emissioni provenienti dall'ascensore condominiale, apprezzabile in relazione all'art. 844 c.c., prendendo come parametro di riferimento il criterio comparativo tra il rumore con e senza la sorgente disturbante nella differenza massima di 3 db, evidenziandosi, inoltre, come lo stesso giudicante non si sia limitato, ai fini della valutazione di intollerabilità delle emissioni, a considerare solo questo criterio, ma ne ha rafforzato la sua rilevanza alla stregua della constatata emergenza di altri univoci criteri oggettivamente riscontrati, riconducibili al livello medio dei rumori della zona (a carattere residenziale e con scarsa presenza di attività commerciali e di servizi), alle rilevazioni ed agli accertamenti effettuati dall'ASL (oltre che, naturalmente, dagli ausiliari tecnici), nonché al riconoscimento della loro rumorosità (non fisiologica) da parte della medesima assemblea condominiale.
Peraltro, è stato chiarito nella giurisprudenza di questa stessa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 1151 del 2003 e Cass. n. 17281 del 2005), che i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché (in ipotesi) contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (invero posta preminentemente a tutela di situazioni soggettive privatistiche, segnatamente della proprietà), la cui valutazione, ove adeguatamente motivata (come verificatosi nella specie), costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità” (Cass. 6 novembre 2013 n. 25019).
di Alessandro Gallucci
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