Si stacca l'intonaco? Il proprietario risarcisce e va in galera.

19.03.2014 08:06

Anche la caduta di parti dell'intonaco costituiscono la “rovinaprevista dal reato di ci all'art. 677 del codice penale. Se il solaio è pericolante deve essere sempre il proprietario ad occuparsene perché non può ignorare lo stato dei suoi immobili.

Il proprietario è sempre responsabile per la rovina dell'edificio pericolante.

Condannato il proprietario di un immobile pericolante, anche se aveva affidato la riparazione ad un tecnico. Nel caso di crollo o distacco di parti dell'immobile con danni a persone il risarcimento del danno si aggiunge al carcere, previsto come pena per il reato di cui all'art. 677 cod. pen. .

È quanto recentemente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione la quale ha chiarito che “Il reato previsto dall'art. 677 cod. pen. si realizza allorché il proprietario non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 11129 del 07/03/2014).

Il caso.

I Giudici hanno infatti confermato la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale di Foggia nei confronti di un soggetto il cui immobile, perdendo pezzi di intonaci dal soffitto, aveva ferito il malcapitato che vi si trovava sotto.

A nulla sono le valse le doglianze dell'imputato, il quale si era difeso sostenendo di essersi attivato per eliminare la fonte di pericolo affidando incarico ad un geometra: il Supremo Collegio ha infatti stabilito che spetta al proprietario conoscere lo stato di manutenzione dei propri beni e intervenire prontamente per evitare che gli stessi rechino pericolo a terzi.

Non basta quindi attivarsi per eliminare il pericolo, ma far sì che esso non si presenti affatto.

Nell'ipotesi poi in cui una parte dell'immobile si stacchi (nella specie: una porzione di intonaco dal soffitto), ferendo peraltro qualcuno, il proprietario dell'edifico sarà responsabile di tale evento e potrà anche essere condannato per il reato previsto dall'art. 677 cod. pen.. Ciò anche laddove avesse affidato l'incarico ad un tecnico per effettuare un sopralluogo e verificare lo stato dell'immobile.

Non importa inoltre l'eventuale (e di per sé difficilmente dimostrabile in giudizio…) mancata conoscenza da parte del proprietario circa lo stato di pericolo in cui l'immobile o parti di esso si trovino, “a nulla rilevando l'ignoranza dello stato di pericolo in cui versa l'edificio” (come si legge nella stessa sentenza), poiché “rientranella normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitarne una rovina pericolosa per la pubblica incolumità”.

Gli obblighi del proprietario: vigilanza e manutenzione.

La Cassazione impone così di fatto ai proprietari una sorta di “obbligo di vigilanza”: poiché la responsabilità penale che discende dai pericoli è indipendente dalla loro conoscenza, è assolutamente necessario che i proprietari vigilino sullo stato di manutenzione dei loro beni, così da intervenire tempestivamente per prevenire ed al massimo eliminare le situazioni di pericolo che dovessero manifestarsi, evitando in questo modo di incorrere nella violazione del precetto normativo in parola.

Obbligo di vigilanza, quindi, non solo di manutenzione.

Il reato. Ciò poiché il reato di cui all'art. 677 cod. pen., “Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina” (che punisce, anche col carcere fino a sei mesi quando dalla rovina deriva il pericolo per le persone, chi ometta di effettuare i lavori necessari a rimuovere le situazioni di pericolo derivanti dalla minaccia di rovina di un edificio o dall'avvenuta rovina di esso) è un tipico esempio di “reato di pericolo”, ossia di reato che sanziona una condotta per il solo fatto di porre in pericolo il bene tutelato dalla norma, creando i presupposti perché l'evento lesivo si verifichi ed indipendentemente dal suo avverarsi: quello che la legge punisce non è la verificazione dell'evento bensì il gettare le basi perché un evento si verifichi.

È pertanto evidente come la prevenzione della rovina sia l'unico modo per sfuggire alla portata sanzionatoria di questo reato: in difetto, ove un immobile minacci rovina, il proprietario (o “chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione”) è per ciò stesso reo di questo reato e l'eventuale effettiva rovina costituirà semplicemente un elemento aggravante la sanzione cui egli andrà incontro.

Il concetto di rovina degli edifici.

È soprattutto la Giurisprudenza in ambito civilistico ad aver meglio inquadrato il concetto di “rovina degli edifici”, essendo più volte la Suprema Corte di Cassazione Civile intervenuta nell'ambito circoscritto dall'art. 2053 del cod. civ., che prevede esplicitamente l'obbligo risarcitorio per il proprietario di un edificio che, rovinando, procuri danni a terzi.

Si è chiarito quindi come sia necessario, perché si verta in tema di rovina degli edifici, che i danni siano “derivanti dagli elementi (anche accessori ma) strutturali dell'edificio o di altra costruzione e perciò da parti essenziali degli stessi” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 11053 del 06/05/2008): sono pertanto esclusi gli “elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 212 del 14/01/1988). Perché si possano definire “strutturali” è necessario che le parti dell'edificio siano “stabilmente incorporati nell'edificio stesso” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 23939 del 12/11/2009).

Per rovina, invece, si intende “ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi (strutturali) della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 7755 del 29/03/2007). Quindi “il concetto di rovina non comprende solo il crollo improvviso o lo sfascio dell'edificio o della costruzione nella sua totalità, ma anche il distacco di una parte non trascurabile dell'edificio o della costruzione” (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 11129 del 07/03/2014).

L'eliminazione del pericolo dev'essere concreta. Accertata l'esistenza di un pericolo occorrerà non solo e non tanto attivarsi per eliminare il pericolo ma eliminarlo in concreto.

Ove, ad esempio, siano necessari permessi per effettuare degli interventi edilizi non sarà sufficiente averli richiesti per dimostrare la buona fede e l'adempimento all'obbligo derivante dall'art. 677 cod. pen. che non è quello di preoccuparsi e attivarsi per eliminare il pericolo bensì quello di porre fine ad esso.

Infatti, come detto, questo è un reato di mero pericolo e permane finché permane il rischio di danni da crollo: la sola attivazione da parte del proprietario per eliminare i pericoli non lo esonera da colpe. Al contrario egli non sarà punibile solo ove i rischi siano venuti meno, eventualmente a seguito della manutenzione che gli compete.

Tanto più nel caso di effettivo crollo o rovina dell'edificio, magari con danni o lesioni a persone: tale evento, infatti, prova da sé l'effettiva pericolosità dell'edifico, non eliminata per tempo dal proprietario che risponderà pertanto di tale reato, nell'ipotesi più grave di cui all'ultimo comma (con conseguente obbligo risarcitorio nei confronti dei danneggiati).

L'aver affidato incarico ad un tecnico, quindi, per verificare lo stato dell'edificio non sarà sufficiente a mandare assolto il proprietario dalla contravvenzione di cui all'art. 677 cod. pen. perché esso, quale reato di pericolo, si è già consumato nel momento in cui l'immobile, mal curato, ha costituito un concreto pericolo per l'altrui incolumità. Tanto più quando, come nel caso deciso con la sentenza n. 11129/2014, questo pericolo si è concretamente manifestato in tutta la sua consistenza ed effettività poiché la rovina dell'immobile, da potenziale, è divenuta effettiva.

Giusta quindi la condanna del proprietario che non curandosi della manutenzione del proprio bene, ha lasciato che questo diventasse una fonte di pericolo.

Articolo di Avv. Mauro Blonda
Fonte: CondominioWeb.com