Se manca il certificato di abitabilità è legittimo il recesso del promissario acquirente dal preliminare.

24.01.2014 10:34

Il caso analizzato. Nel 1993 i proprietari di un immobile, citavano a comparire innanzi al Tribunale di Roma, colui che sarebbe stato l’acquirente, se non avesse inadempito – secondo la difesa - al contratto preliminare di vendita. Per questo chiedevano di trattenere a titolo di risarcimento la caparra. Il convenuto, costituitosi faceva emergere che inadempienti sarebbero stati gli attori, avendo promesso in vendita l’immobile, privo di abitabilità, ad un prezzo maggiore di quello concordato tra Comune e costruttore. Il Tribunale, con Sentenza del 1 marzo 2002, dava ragione agli attori, così come la Corte di Appello adita, con Sentenza del 28 giugno 2006.

Il quadro normativo. Il certificato di agibilità, serve ad attestare che il bene è idoneo ad assolvere le funzioni economiche e sociali ai fini del sicuro legittimo godimento e commerciabilità dello stesso. In ogni caso, prima che venga rilasciato è necessario constatare la sussistenza o meno delle condizioni di stabilità e sicurezza dell’edificio oggetto del certificato, poiché il suo rilascio ha anche il fine di certificare le condizioni igienico – sanitarie ed urbanistiche.

La normativa che disciplina chi, come e quando richiedere il certificato di agibilità, è stata recentemente modificata e semplificata, con l’entrata in vigore del Decreto del Fare. (Decreto Legge numero 69 del 21 giugno 2013) che ha aggiunto il comma 4bis, all’articolo 24 del T. U. E. (Testo Unico dell’Edilizia – D.P.R. 380/2001), al fine di consentire l’uso di unità abitative autonomamente fruibili, anche in tempi diversi, per uno stesso fabbricato. Inoltre, aggiungendo il comma 4ter, il legislatore ha recepito la prassi di alcuni Comuni che rilasciano il Certificato di Conformità Edilizia ed Agibilità Parziale al termine, anche parziale, dei lavori precedentemente autorizzati da un titolo edilizio (Permesso di Costruire/DIA). Il Certificato di Agibilità Parziale, può essere prorogato, una sola volta per tre anni, prima che scada il temine di completamento dell’opera.

La decisione. La Cassazione, con sentenza numero 629/2014, precisa che: trattandosi di vendita di immobile destinato ad abitazione, “il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poiché vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico- sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità.” Pertanto il compratore può addurre la responsabilità contrattuale ex art. 1460 del codice civile, che si configura per la consegna di aliud pro alio, che gli permetterebbe di richiedere il risarcimento danni “per la ridotta commerciabilità del bene”.

La Corte di cassazione, nel caso di specie, dà ragione all’acquirente dell’immobile, poiché, della mancanza del certificato ne sarebbe venuto a conoscenza “solo successivamente alla stipula del preliminare, a seguito della consegna da parte dei promittenti alienanti della convenzione urbanistica stipulata dal Comune con il costruttore dell’immobile.” A tal proposito, la Cassazione, chiarisce immediatamente che “l’obbligo di consegna del documento di abitabilità discende solo dal contratto definitivo e non dal preliminare,” ciò significa, che è legittimo da parte del promissario acquirente il recesso dal contratto, mentre il promittente venditore deve essere condannato a pagare il doppio della caparra ottenuta all’epoca, che ha natura confirmatoria perché la casa, privo di certificazione, non può essere abitata e risulta un bene inadeguato ad assolvere alla funzione sociale ed economica per la quale doveva essere acquistato.

I precedenti giurisprudenziali. L’orientamento dominante della Corte di Cassazione è che “ricorre l’aliud pro alio non solo quando il bene sia totalmente difforme da quello dovuto e tale diversità sia di importanza fondamentale e determinante nella economia del contratto,” (Cass. n. 7630/2006) ma, “anche quando la cosa consegnata abbia difetti che la rendano inservibile o manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale “funzione economico-sociale”, ovvero a quella che le parti abbiano assunto come essenziale al fine di realizzare il programma negoziale.” (Cass. n.9227/2005). In senso contrario, anche se non recentissimo, l’orientamento secondo il quale l’aliud pro alio ricorre quando la cosa venduta è del genere diverso o abbia dei vizi che impediscano di assolvere le funzioni che sono ritenute essenziali dalle part, degradandola a sottospecie diversa da quella dedotta nel contratto. (Cass. n. 244/1997). Ed ancora, preme sottolineare, collegandolo al caso di specie, ciò che il Tribunale di Torino afferma e cioè che: “non si configurerebbe l’aliud pro alio nel caso in cui manchi il certificato di abitabilità, ma solamente dall’intrinseca inidoneità dello stesso a soddisfare i requisiti richiesti alfine di ottenere tale certificazione.” (Trib. Torino, Sentenza 24/05/2002). Più volte la Giurisprudenza ha ritenuto che “la cono­scenza del com­pra­tore del man­cato rila­scio della licenza di abitabilità, non accom­pa­gnata da una rinun­cia dello stesso al requi­sito dell’abitabilità, non vale ad esclu­dere l’inadempimento del ven­di­tore.”(Cass. n.1514/2006, Cass. n. 6576/1991).

Articolo di Dott. Emanuele Mascolo
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