Preliminare di vendita. Recesso è illegittimo se la controparte ha già versato quasi tutto il prezzo pattuito

30.12.2014 15:49

Il recesso del contraente non inadempiente previsto nell' art. 1385, comma 2, c.c. può essere esercitato solo se l'inadempimento della controparte è “di non scarsa importanza”. Per contro, il soggetto inadempiente può legittimamente richiedere la restituzione della somma senza avere esercitato l'azione di risoluzione del contratto.

Il caso

Il vicenda al vaglio del Tribunale di Foggia trae origine dalla stipula di un contratto preliminare di compravendita, avente ad oggetto un immobile il cui prezzo era stato pattuito in euro 83.000,00. La promissaria acquirente versava la somma di 77.000 euro; tuttavia, le parti non addivenivano alla stipula del contratto definitivo nei tempi concordati, sicché il promittente venditore contestava l'inadempimento della promissaria acquirente (non avendo questa pagato per intero il prezzo pattuito) ed esercitava il recesso per inadempimento ex art. 1385 comma 2 c.c., trattenendo i 77.000 euro a titolo di caparra confirmatoria.

Gli eredi della promissaria acquirente, allora, agivano per la restituzione della somma versata. Nell'ambito di tale giudizio, proponevano domanda di sequestro conservativo degli immobili del promittente venditore, a garanzia del credito. Il promittente venditore si opponeva al sequestro eccependo, tra l'altro, la non ammissibilità della richiesta di restituzione delle somme, atteso che la controparte avrebbe dovuto esercitare l'azione di risoluzione del preliminare.

Diritto di recesso e restituzione delle somme versate.

Limitando il commento al merito della controversia, la questione ruota intorno alla corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 1385 comma 2 c.c., ai sensi del quale “se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra”.

La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che, ai fini della legittimità del recesso di cui all'art. 1385 comma 2 c.c., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l'inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall'art. 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sul rapporto contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l'utilità del contratto alla stregua dell'economia complessava del medesimo. (Cass. civ. 13.1.2012, n. 409; Cass. civ. 23.1.1988, n. 398). => Legittimo il recesso dal preliminare se manca il certificato di abitabilità.

In altri termini la Cassazione ci dice che il recesso ex art. 1385 c.c. non può essere esercitato a fronte di un qualsiasi inadempimento della controparte, ma solo se questo assume i contorni della “colpevolezza” e “non scarsa importanza”. Tale ragionamento si fonda su un esercizio non discrezionale del recesso, che, diversamente, porterebbe a situazioni di "ingiustizia sostanziale".

Per esercitare il recesso, l'inadempimento deve essere “di non scarsa importanza”.

L'indagine da compiersi al fine di vagliare il corretto utilizzo del diritto al recesso va affettuata in base agli stessi criteri adottati nel caso di risoluzione per inadempimento ex art. 1455 c.c.: occorre una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l'interesse dell'altro al mantenimento del contratto.

Nel caso di specie

a fronte del prezzo concordato di euro 83.000, la parte promissaria acquirente aveva versato la somma di 77.000 euro. Il che porta a qualificare il suo inadempimento di “scarsa importanza”, avendo la stessa versato quasi per intero la somma pattuita. Di conseguenza, in Tribunale di Foggia, in punto di fumus boni iuris, ha ritenuto fondata l'esistenza del diritto invocato a sostegno della domanda di sequestro, attesa la probabile illegittimità del recesso esercitato dal promissario venditore, a fronte dell'inadempimento di scarsa importanza della controparte.

Quanto alla questione relativa alla domanda di restituzione della somma versata, tale domanda non rappresenta una mutatio libelli. Secondo il giudice, infatti, essendo stato venduto il bene oggetto del contratto preliminare ad un terzo, è ben possibile per il promissario acquirente optare per la reintegrazione del patrimonio in forma specifica, mediante la restituzione dell'eadem res debita. A mente dell'art. 1453 c.c., a fronte dell'inadempimento di una parte, l'altro contraente può chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno. Nel caso di specie, dunque, il promissario acquirente non era tenuto a formulare domanda di risoluzione del preliminare, al fine di ottenere la restituzione delle somme corrisposte, atteso che il bene oggetto del preliminare è stato alienato ad un terzo. Di conseguenza, la richiesta di restituzione delle somme corrisposte vale come risarcimento del danno.

Se si scopre che i dati catastali sono errati non è detto che il preliminare si risolve automaticamente

Articolo di Avv. Giuseppe Donato Nuzzo
Fonte: www.condominioweb.com