L’amministratore ha il diritto-dovere d’agire d’ufficio per far rimuovere verande e sgomberare parti comuni

07.01.2014 18:27

Quando vi sono delle cause condominiali nelle quali l’amministratore agisce d’ufficio, ossia senza preventiva autorizzazione assembleare, una delle prime contestazioni che si avanzano è legata al difetto di legittimazione attiva.

Detta diversamente e fuori dal linguaggio giuridico: le controparti del condominio (siano esse condomini o terzi) fanno notare al giudice che l’amministratore ha attivato il giudizio pur essendo sprovvisto del potere di farlo.

Chiaramente questa eccezione viene avanzata se si ravvisano gli estremi per poter fare: eccepire la carenza di legittimazione giusto per farlo (es. in giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c.) non ha senso ed è indice di impreparazione o, forse peggio, di azione dilatoria.

Ciò detto entriamo nello specifico dando così una spiegazione anche al titolo di questo articolo.

In un’articolata causa risolta dalla Suprema Corte di Cassazione con al sentenza n. 26849 del 29 novembre 2013, s’è nuovamente affrontato il tema della legittimazione attiva dell’amministratore di condominio in relazione al concetto di atti conservativi.

In sostanza: per quali motivi l’amministratore può far causa ad un condomino (o ad un terzo) al fine di conservare lo stato di fatto e di diritto dell’immobile da egli gestito?

La Corte nomofilattica, nella pronuncia in esame, ha precisato che il riferimento agli artt. 1130 n. 4 e 1131 c.c. riguarda quelli in vigore prima dell’entrata in vigore della riforma del condominio (le vecchie norme si applicano a tutte le cause iniziate prime del 18 giugno 2013).

Ai fini pratici, c’è da dire, cambia poco: sul punto le norme sono sostanzialmente invariate.

Nel caso di specie l’amministratore richiedeva la rimozione di una veranda, installata su un balcone, che rovinava l’estetica dell’edificio oltre che la rimozione di alcuni beni da uno scantinato condominiale e di un motore frigorifero da una parte comune.

Le controparti del condominio, fin dal primo grado, chiedevano venisse accertata la carenza di legittimazione attiva dell’amministratore in quanto lo stesso aveva agito senza mandato assembleare. Nel grado di appello si vendevano data ragione in relazione a quelle riguardanti lo scantinato.

La Corte di Cassazione, che ha posto la parola fine alla contesta, ha ritenuto queste doglianze infondate e, come si dice in gergo, cassato con rinvio la sentenza per le parti ritenute illegittime.

Non è stato così per le vetrate. In particolare – si legge in sentenza – "con riguardo alla suddetta azione relativa alle vetrine, è stato affermato (cfr. Cass. n. 9378 del 1997; Cass. n. 24391 del 2008 e, da ultimo, Cass. n. 14626 del 2010) che, ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 c.c. ("ratione temporis" applicabili, nella versione antecedente alla novellazione intervenuta per effetto della legge 11 dicembre 2012, n. 220), l'amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di aperture abusive eseguite, sulla facciata dello stabile condominiale, da taluni condomini, in quanto tale atto, essendo diretto a conservare il decoro architettonico dell'edificio contro ogni alterazione dell'estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio”.

Diverso il discorso per lo scantinato, o meglio su questo aspetto la Cassazione ha rilevato una incongruenza della sentenza impugnata.

Come per l’azione relativa alla vetrata, infatti, si legge in sentenza,“ si sarebbe dovuta riconoscere finalità conservativa alle azioni volte al recupero dei locali cantinati e allo sgombero, da un altro vano, della cella frigorifera, poiché - sempre in consonanza con la condivisibile giurisprudenza precedente di questa Corte (cfr., di recente, Cass. n. 16230 del 2011 e Cass. n. 1768 del 2012) - l'amministratore del condominio è pienamente legittimato ad agire - in via autonoma - per ottenere il rilascio di un immobile condominiale (così come la liberazione dallo stesso da eventuali beni mobili illegittimamente depositativi), attesa la natura personale dell'azione, poiché il recupero del bene (e la sua completa disponibilità materiale conseguente allo sgombero di eventuali impedimenti) deve ritenersi essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini” (Cass. 29 novembre 2013, n. 26849).

Articolo di Avv. Alessandro Gallucci
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