La rilevanza paesaggistica delle piscine interrate tra Soprintendenza e Giudice Amministrativo.

31.01.2014 09:33

(Cons. Stato, sez. VI, sent. 7 gennaio 2014, n. 18)

Nella pronuncia in esame sono analizzati i limiti della giurisdizione amministrativa relativamente alla valutazione da parte della Soprintendenza, nonché la rilevanza paesistica delle piscine interrate.

La fattispecie in esame. Il proprietario di una struttura ricettiva aveva proposto ricorso avanti al T.A.R. contro il diniego di un permesso di costruire, nonché il parere (vincolante) negativo rilasciato dalla Soprintendenza in sede di conferenza di servizi, relativamente alla realizzazione di una piscina interrata in una zona di rilevante interesse paesaggistico.

Il T.A.R. aveva accolto il ricorso sul presupposto sull’assunto che:

  • la struttura in oggetto (piscina) non comporterebbe alterazione alcuna dei valori paesaggistici , “atteso che, per giurisprudenza pressoché costante anche di questa sezione, le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizio di visuali e visioni prospettiche” (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 20 marzo 2009, n. 1552; Sez. VII, 29 giugno 2010, n. 16423; sez.VI, 6 novembre 2008; n. 19288).
  • «secondo quanto sufficientemente dimostrato in giudizio dalla parte ricorrente (anche mediante produzione di materiale fotografico nonché di apposita relazione tecnica) l’eventuale realizzazione della struttura in questione non comporterebbe la compromissione dei suddetti valori ambientali, senza che sul punto la difesa dell’amministrazione statale abbia opposto specifiche contestazioni, con ogni conseguenza in merito all’applicazione dell’art. 64, comma 2, c.p.a. » (T.A.R. Campania, Napoli, sent 25 febbraio 2013, n.1099)

Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, quindi, impugnava tale sentenza che veniva riformata in appello dal Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato adito ha ritenuto che : “Il T.A.R. è incorso nella violazione dei principi della separazione dei poteri e della tassatività delle ipotesi di giurisdizione di merito delineate dall’art. 134 cod. proc. amm., da cui esula la fattispecie sub iudice” perché

  • ha sostituito la propria valutazione a quella tecnico-discrezionale rientrante nell’ambito dei poteri dell’amministrazione;
  • ha affermato in modo apodittico che «le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizi di visuali e visioni prospettiche», senza correlativa valutazione della fattispecie concreta, con conseguente manifesta insufficienza motivazionale”.

I principi sottesi alla decisione in esame.

1) Discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica.

Per verificare la possibilità e i limiti imposti alla sindacabilità da parte del giudice amministrativo sui provvedimenti della Pubblica Amministrazione si è soliti (con tutti i limiti e le semplificazioni del caso) distinguere tra due tipi di discrezionalità:

  • discrezionalità amministrativa, ossia quella facoltà che viene riconosciuta all’Amministrazione (per esempio ad un Comune) di decidere, una volta acquisiti ed esaminati i fatti, quale sia la soluzione più opportuna per l’interesse di perseguire;
  • discrezionalità tecnica, che consiste esclusivamente nel acquisire ed esaminare i fatti poiché all’Amministrazione non viene riconosciuta una vera e propria libertà di scelta sulla soluzione da compiere, in quanto il giudizio finale avviene sulla base di canoni scientifici e tecnici. In altre parole, la scelta è fatta dal legislatore, che “impone” la scelta alla luce di tali canoni.

In quest’ultimo caso, quindi, al giudice residua il potere non di valutare la bontà della soluzione adottata, ma unicamente di verificare la correttezza dell’iter di acquisizione ed esame dei fatti.

È orientamento giurisprudenziale dominante, infatti, che nei casi di discrezionalità tecnica dell'Amministrazione il giudice amministrativo può intervenire esclusivamente “in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto, (…) restando per il resto la capacità di giudizio confinata entro i limiti dell'apprezzamento tecnico proprio di tale tipo di discrezionalità (C.d.S., Ad.Pl., 29 novembre 2012, n. 36; V, 26 settembre 2013, n. 4761; 18 agosto 2010, n. 5848; 23 novembre 2010, n. 8148; 22 febbraio 2011, n. 1090) (Cons. Stato, sez. V, sent. 17 gennaio 2014 n. 162).

Il giudizio sulle valutazioni compiute dall’Amministrazione, quindi, può avvenire unicamente sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, poiché in caso contrario il giudice sovrapporrebbe “la sua idea tecnica al giudizio - non erroneo né illogico - formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A.” (Cons. Stato, sez. IV, sent. 27 giugno 2011, n. 3862; Cons. Stato, sez. V, sent. 28 ottobre 2010, n. 7631).

2) La rilevanza paesaggistica delle piscine interrate.

Con riferimento alla fattispecie in esame vi sono due orientamenti contrastanti. Il primo ritiene che:

  • hanno una rilevanza paesistica anche le piscine interrate poiché “la disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde infatti dall’elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro consistenza volumetrica” (Cons. Stato, sez. VI, sent. 2 marzo 2011, n. 1130);
  • “nella prospettiva della tutela del paesaggio non è rilevante la classificazione dei volumi edilizi che si suole fare al fine di evidenziare la neutralità, sul piano del carico urbanistico, dei cosiddetti volumi tecnici. È pacifico infatti che tale distinzione si rivela inconferente sul piano della tutela dei beni paesaggistici: le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non hanno rilievo, quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico, sia quando si tratti della percezione visiva di volumi, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia quando comunque si tratti di modificare un terreno o un edificio, o il relativo sottosuolo” (Cons. Stato, sez. VI, sent. 20 giugno 2012, n. 3578).

L’orientamento contrario, invece, sostiene che: - “non sembra configurabile alcuna lesione allorché, come nel caso della realizzazione di una piscina, l’insussistenza dello sviluppo verticale dell’opera esclude "ex se" che essa possa avere rilevanza sotto il profilo paesaggistico e, di conseguenza, sulla pretesa, peraltro non fondata, di servitù di veduta” (Cons. Stato., sez. VI, sent. 17 giugno 2010, n. 3853).

Conclusione.

Con la recente pronuncia il Consiglio di Stato sembra aver adottato un’interpretazione giurisprudenziale tesa, da un lato, a salvaguardare la separazione dei poteri (insindacabilità delle valutazioni della Pubblica amministrazione (es. Soprintendenza), salvo casi particolari), dall’altro lato, a garantire la tutela del paesaggio non escludendo la capacità lesiva di opere sulla base di una valutazione compiuta in astratto e a priori. Non resta che attendere il consolidarsi di tale orientamento giurisprudenziale.

Fonte Condominio Web