Autorimessa condominiale, incendio e danni: nessuna responsabilità del condominio se prende fuoco il motorino di un condomino

21.11.2013 13:44
In tema di responsabilità da cose in custodia nell’ambito di un condominio negli edifici e più nello specifico di danno conseguenti ad incendio, la compagine va esente da ogni genere di responsabilità se il danno non proviene da una cosa comune ma di proprietà esclusiva.

Nel caso di specie la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24750 del 5 novembre 2013, ha ritenuto corretta la sentenza d’appello impugnata che, a sua volta, aveva mandato esente da responsabilità la compagine condominiale. Vediamo perché.

Il fatto è accaduto a Roma. L’autovettura di Tizio (nome di fantasia) subiva dei danni a seguito di un incendio verificatosi nell’autorimessa del condominio nel quale abitava: il particolare l’incendio, come poi è stato accertato, era partito dal motorino di Caio (altro nome di fantasia). Il fatto è finito nelle aule di tribunale per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.

Giunti in secondo grado la Corte d’appello, riformando la sentenza di primo grado, condannava Caio al risarcimento del danno mandando esente da ogni responsabilità il condominio: l’autorimessa, in buona sostanza, era solamente in luogo nel quale s’era verificato il danno che, invece, era stato causato dal motorino.

In casi del genere la norma applicabile è l’art. 2051 c.c. (Responsabilità per danni da cose in custodia), il quale prevede una forma di responsabilità oggettiva. In sostanza il custode della cosa (leggasi il proprietario o chi ne ha la disponibilità) risponde dei danni che provengono da essa per il solo fatto d’essere tali, salvo il caso fortuito (ossia fatto imprevedibile nel quale rientra anche il comportamento del danneggiato). La prova del caso fortuito è a carico di chi la invoca.

Rebus sic stanti bus, il condomino proprietario del motorino proponeva ricorso per Cassazione: a suo modo di vedere la Corte d’appello aveva emesso una sentenza errata anche perché carente di motivazione rispetto alla responsabilità del condominio. Insomma Caio, il proprietario del motorino, puntava a coinvolgere la compagine nell’obbligo di risarcire il danno, ma gli è andata male.

La Cassazione, infatti, ha confermato in toto la decisione impugnata.

Si legge nella sentenza n. 24750: “ la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 cod. civ.) ha carattere oggettivo e pertanto perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito. Sia l'accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all'intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni (quali il dispiegarsi dei vari fattori causali, la ricerca dell'effettivo antecedente dell'evento dannoso, l'indagine sulla condotta del danneggiante e del danneggiato, le modalità di causazione del danno, ecc), che come tali sono riservati al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 472/2003; n. 238/2008)” (Cass. 5 novembre 2013 n. 24750).

Si legge spesso nelle sentenze di Cassazione che le decisioni dei giudici di merito sull’accertamento dei fatti non possono essere censurate se adeguatamente motivate. Il proprietario del motorino contestava questa carenza di motivazione. Per gli ermellini la decisione della Corte d’appello romana non era affatto carente. “ Rispetto alla censura in esame – si legge in sentenza – se da un lato il giudice ha ritenuto provato il nesso eziologico tra il motoveicolo di (…) e l'incendio subito dal veicolo del ricorrente odierno, non altrettanto può dirsi di quello esistente tra detto incendio e il condominio quale custode dell'autorimessa. Ed infatti, il giudice, ha dato perfettamente atto nella motivazione di tale scelta, la quale non è affatto omessa sul punto come invece sostenuto dal ricorrente. Al riguardo è da precisare che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico- formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 6288/2011). Rispetto alla ricostruzione del giudice di merito, il ricorrente si limita invece a fornire una propria e personale ricostruzione delle responsabilità dell'evento di causa” (Cass. 5 novembre 2013 n. 24750).

Articolo di Avv. Alessandro Gallucci
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