Alterazioni architettoniche degli edifici condominiali. Alla ricerca della formula perfetta.

19.02.2014 09:50

Nonostante il decoro architettonico rappresenti una prerogativa essenziale degli edifici residenziali il legislatore non enuclea una precisa nozione.

Il caso.

Le presenti considerazioni prendono spunto da una controversia giunta in Cassazione (sentenza 4 febbraio 2014, n. 2441). Alcuni condomini effettuano una serie di lavori sulle loro proprietà esclusive, in violazione di una norma prevista dal regolamento che vieta ogni alterazione architettonica. Secondo i giudici di merito, il divieto previsto nel regolamento condominiale di alterazioni architettoniche, vale a prescindere dall'incidenza delle modifiche sul profilo estetico. Di diverso avviso sono i ricorrenti, secondo cui il decoro architettonico del condominio è un concetto“di relazione” che si pone come limite alla libera espressione del diritto dominicale del singolo condomino. Di conseguenza, il divieto predetto viene violato solo se le opere immutative abbiano assunto un carattere negativo rispetto all'estetica del fabbricato (nel caso di specie non si era verificato in quanto avevano chiuso alcuni balconi con vetrate omogenee). Trattandosi di valutazioni di fatto la Corte, in sede di legittimità, non può pronunciarsi ma la problematica ci consente di effettuare alcune considerazioni sul nozione di decoro e sua eventuale alterazione.

Il concetto di “alterazione”.

In tema di edifici in condominio la tutela delle parti comuni viene apprestata nei casi in cui il condomino ne faccia un uso illegittimo, compromettendone l'aspetto esteriore con innovazioni che alterino il decoro architettonico del fabbricato. Quindi l'indagine relativa va condotta in stretta correlazione con la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio può essere riscontrato in manufatti che siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad un'eventuale compromissione estetica. (Corte di Cassazione, 17 ottobre 2007, n. 21835). Si ricorda, inoltre, che l'estetica del fabbricato è data dall'insieme dei suoi elementi architettonici e strutturali e non dal contesto in cui lo stesso si colloca. I valori architettonici, pertanto, vengono impressi dal complesso delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio e non dall'impatto dell'ambiente circostante. Una determinata innovazione (tipo la realizzazione di una veranda) potrebbe costituire o meno alterazione dell'euritmia del fabbricato unicamente nel caso in cui vi sai una apprezzabile depauperamento del decoro architettonico. Una violazione dell'euritmia del corpo di fabbrica, quindi, potrebbe essere lamentata nel caso in cui il fabbricato abbia una valenza storica di rilievo ovvero nell'ipotesi in cui il corpo di fabbrica acquisisca valenza e valore per il particolare inserimento nel contesto nel territorio circostante. (Corte di Cassazione, 18 novembre 2011, n. 24327). Quindi, l' alterazione del decoro va valutata caso per caso, e pertanto, sfugge a catalogazioni normative.

Il limite del regolamento condominiale.

In tale contesto è opportuno chiarire il “peso”, in materia, del regolamento condominiale. La giurisprudenza di legittimità precisa che il regolamento condominiale ben può contenere norme intese a tutelare il decoro architettonico dell'edificio e, dunque, suscettibili di incidere anche sulla sfera del dominio personale esclusivo dei singoli condomini in funzione della salvaguardia del bene comune. Ma si è anche precisato che le compressioni particolarmente onerose del diritto di proprietà dei singoli condomini dovrebbero essere inserite necessariamente in un regolamento condominiale di natura contrattuale. Pertanto solo un regolamento condominiale di natura contrattuale può incidere sui diritti dei singoli condomini inerenti le parti comuni e quelle di proprietà esclusiva, fino al punto da vietare, in maniera più stringente rispetto al codice civile, determinati comportamenti (Corte di Cassazione, 24/01/2013,n. 1748). Del resto, recentemente, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitino, nell'interesse comune, i diritti dei condomini sia relativamente alle parti comuni, sia con riguardo al diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà (Corte di Cassazione, 10 maggio 2012, n. 7178). Quindi solo le norme di un regolamento di origine contrattuale possono derogare o integrare la disciplina legale, fornendo del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 c.c. ed estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio (Corte di Cassazione., 6 ottobre 1999, n. 11121).

Articolo di Ivan Meo
Fonte: CondominioWeb.com