FAQ

Chi è il Geometra?

Il geometra è il professionista che identifica, definisce, misura e valuta la proprietà fondiaria ed edilizia pubblica o privata, costruita o no, la superficie e il sottosuolo, ed il lavoro che svolge e organizza concerne il diritto reale. La sua competenza comprende materie tecniche, giuridiche, fiscali, economiche, beni agricoli e sociali.

Etimologia e origini

La parola geometra ha la stessa genesi di geometria che, dalla composizione di due parole greche "ge" e "metron", rispettivamente, "terra" e "misura", rivela la vocazione originale del geometra: quella cioè di agrimensore, ossia "misuratore della terra".

La nascita della figura del geometra viene fatta risalire all'organigramma della Legione romana, nel quale era prevista la figura del mensor, una sorta di geometra ante litteram incaricato, tra le altre incombenze, di tracciare le linee base dei castra aestiva; gli accampamenti temporanei che i legionari costruivano durante i loro spostamenti.

La professione di geometra in Italia

In Italia, il geometra è una figura professionale che opera prevalentemente nel settore edilizio, topografico ed estimativo. Il Regio Decreto 11 febbraio 1929, n. 274 che istituisce, in sostituzione del perito agrimensore, tale professione in Italia, abilita il geometra all'espletamento di molteplici competenze tecniche, tra le quali la progettazione edile civile e rurale e la direzione dei lavori delle opere edili, le molteplici operazioni topografiche tra le quali la misurazione dei terreni e la stima di beni mobili ed immobili.

Il titolo

Il diploma di geometra si consegue una volta superato l'esame di stato del corso di studi di un istituto tecnico per geometri (I.T.G.) statale o paritario.

Il conseguimento del diploma dà luogo al diritto di fregiarsi del titolo di geometra.

Iscrizione all'albo professionale

Per iscriversi all'albo, il geometra deve superare l'esame di abilitazione professionale, dopo il compimento del diciottesimo mese dall'iscrizione nel registro provinciale dei praticanti della località ove svolge la pratica professionale. Una volta abilitato, il geometra può operare in tutto il territorio nazionale e in tutti gli stati membri dell'Unione Europea, ai sensi della direttiva 2005/36/CE, che ha recentemente inserito la figura professionale del geometra fra i tecnici laureati (dir. 89/48/CEE).

La professione nel Regno Unito

Il Chartered Surveyors è una figura professionale, normata nel Regno Unito, assimilabile alla figura del geometra. Si acquisisce il titolo tramite l'iscrizione al RICS (Royal Institution of Chartered Surveyors). Fino alla fine del XX secolo, alcuni geometri potevano far parte anche del ISVA (Incorporated Society of Valuers and Auctioneers), ma tale organizzazione si fuse nel RICS nel 1999. I Chartered Surveyors offrono valutazioni ai fini della creazione di mutui, assistenza all'acquisto di immobili comprese le valutazioni, assistenza nei progetti edilizi, indagini sugli immobili, servizi catastali, vendite all'asta, gestione di patrimoni immobiliari e altre consulenze tecniche in materia.

Attività di competenza dei Geometri

Vediamo in dettaglio quali sono le attività che rientrano a pieno titolo nella sfera di competenza dei geometri, nonché i limiti imposti e le opere escluse dalla sfera di propria competenza.

Edifici
Sono annoverate nella competenza dei geometri, dei geometri laureati nelle previste classi di laurea:

  • il progetto architettonico e strutturale;
  • i calcoli statici, con esclusione dei calcoli statici di complessi di strutture organicamente e solidamente collegate e svolgenti una funzione statica unitaria, in conglomerato cementizio armato;
  • la direzione lavori;
  • la contabilità;
  • la liquidazione;
  • il collaudo statico ed amministrativo degli edifici di nuova costruzione, l’ampliamento, la sopraelevazione, la ristrutturazione ed il recupero edilizio, nonché il posizionamento interno ed esterno, con esclusione del dimensionamento, degli impianti tecnologici.

Per tali interventi devono essere rispettati i seguenti limiti:

  • in zona non sismica: non più di tre piani fuori terra oltre al piano seminterrato o interrato;
  • in zona sismica: non più di due piani fuori terra, oltre al piano seminterrato o interrato.

Dal computo del numero dei piani sono esclusi i sottotetti qualora siano adibiti a volumi tecnici, soffitte o altri locali non abitabili.

Viene invece esclusa la competenza per progetti strutturali di adeguamento antisismico di edifici e di complessi edilizi staticamente collegati con una cubatura, fuori terra, superiore a metri cubi 5.000.

La progettazione architettonica ed il collaudo amministrativo delle opere sono di competenza dei geometri, geometri laureati, dei periti industriali con specializzazione in edilizia e dei periti industriali laureati nelle previste classi di laurea, anche oltre i limiti sopra indicati, qualora i calcoli statici delle opere strutturali sono eseguiti, su incarico del committente, da altro tecnico abilitato.

In base ai contenuti del DDL 1865 Vicari, ai geometri e geometri laureati nelle previste classi di laurea sono consentiti, su qualsiasi edificio, anche qualora eccede i limiti sopra descritti:

  • la contabilità dei lavori;
  • gli interventi di manutenzione ordinaria;
  • gli interventi igienico-sanitari e funzionali;
  • gli interventi di manutenzione straordinaria;
  • gli interventi di risanamento conservativo;
  • di ristrutturazione edilizia.

Tali opere non devono comportare interventi statico-strutturali su complessi di strutture in cemento armato e con esclusione degli edifici con vincolo specifico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.

Urbanistica
La formazione dei piani di lottizzazione, attuativi di strumenti urbanistici generali approvati e vigenti, rientra nelle competenze dei geometri e delle altre figure in questione, con il limite di un ettaro di superficie massima e comunque, qualora sia superiore ad un ettaro, non deve superare la superficie del comparto minimo di intervento, come definito dagli strumenti urbanistici.

Anche la formazione dei piani di recupero in attuazione delle previsioni di strumenti urbanistici generali approvati e vigenti, riguardanti edifici nei limiti fissati, rientra nelle competenze dei geometri e delle altre figure in questione previste dal DDL 1865 Vicari.

Prestazioni professionali
Rientrano nella competenza professionale anche dei geometri e dei geometri laureati nelle previste classi di laurea, la direzione dei cantieri, anche di prefabbricazione, di strutture in cemento armato e metalliche per ogni tipo di opera, anche se progettate da altri tecnici abilitati, l’estimo e l’amministrazione di condomini, di fabbricati ed immobili in genere, anche ai fini espropriativi e catastali.

Competenze professionali
Per i geometri e i geometri laureati nelle previste classi di laurea, restano valide le altre competenze in materia di:

  • sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • prevenzione incendi;
  • valutazione impatto ambientale;
  • ambiente;
  • inquinamento acustico;
  • rendimento energetico degli edifici.

Prosecuzione dell’attività professionale
Ai geometri laureati ed ai periti industriali laureati nelle previste classi di laurea viene riconosciuta la competenza in edilizia solo dopo aver frequentato con profitto un corso di aggiornamento professionale della durata di 120 ore, con prova finale, in materia di rendimento energetico nell’edilizia.

Ai geometri e ai periti industriali con specializzazione in edilizia, con anzianità di iscrizione ai rispettivi albi professionali pari ad almeno dieci anni, viene riconosciuta la competenza prevista in edilizia, solo dopo aver frequentato con profitto un corso di aggiornamento professionale della durata di 120 ore, con prova finale, in materia di rendimento energetico nell’edilizia.

Ai geometri iscritti nei rispettivi albi professionali da almeno dieci anni, viene riconosciuta la competenza in edilizia, qualora siano in possesso dei seguenti requisiti:

  • abbia frequentato con profitto un corso di aggiornamento professionale della durata di 120 ore, con prova finale, in materia di rendimento energetico nell’edilizia;
  • abbia frequentato con profitto un corso di aggiornamento professionale della durata di 120 ore, con prova finale, in materia di costruzioni edilizie pubbliche o private in zona sismica;
  • abbia frequentato con profitto un corso della durata di almeno 120 ore, con prova finale, in materia di valutazione ambientale strategica e di valutazione d’impatto ambientale attinente all’ingegneria naturalistica, all’inquinamento acustico, alla bioedilizia ed alla tutela del paesaggio e dell’ambiente.

Accesso all’Albo e pratica professionale
Il periodo di pratica professionale o di attività tecnica subordinata, ha la durata di due anni e può essere svolto presso lo studio professionale di un geometra o geometra laureato iscritto all’albo da almeno cinque anni.

Il compenso riconosciuto agli iscritti ai registri dei praticanti che svolgono un periodo di due anni di pratica presso uno studio professionale di geometra o geometra laureato, che eserciti l’attività nel settore di specializzazione relativo al diploma del praticante, non può essere inferiore ad euro 5.000 lorde annue, comprensivo di rimborso spese, oltre alla contribuzione previdenziale per l’iscrizione obbligatoria dei praticanti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Per l’accesso all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di geometra o geometra laureato, gli iscritti ai registri dei praticanti sono tenuti a frequentare con esito positivo un corso di aggiornamento professionale della durata di 120 ore, con prova finale, in materia di rendimento energetico nell’edilizia.

Sono comunque fatte salve le competenze dei geometri e delle altre figure in argomento, sulle opere realizzate antecedentemente o in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore del provvedimento in questione.

 

Cosa sono e quali sono le Categorie Catastali?

Le categorie catastali sono l'indice ufficiale utilizzato in Italia di riferimento per classificare i beni immobili, e determinarne le rendite.

Furono introdotte con il regio decreto legge 13 aprile 1939 n. 652, che riformò la disciplina relativa al catasto istituendo il catasto dei fabbricati, alla base del Nuovo Catasto Edilizio Urbano.

Di seguito si riporta l'elenco delle categorie catastali, incluse quelle non più in uso.

Immobili a destinazione ordinaria

Gruppo A

A/1 Abitazioni di tipo signorile

Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale.

A/2 Abitazioni di tipo civile

Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello rispondente alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale.

A/3 Abitazioni di tipo economico

Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche di economia sia per i materiali impiegati che per la rifinitura, e con impianti tecnologici limitati ai soli indispensabili.

A/4 Abitazioni di tipo popolare

Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di rifiniture di modesto livello. Dotazione limitata di impianti quantunque indispensabili.

A/5 Abitazioni di tipo ultrapopolare (NON PIU' IN USO)

A/6 Abitazioni di tipo rurale (NON PIU' IN USO)

A/7 Abitazioni in villini

Per villino deve intendersi un fabbricato, anche se suddiviso in unità immobiliari, avente caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture proprie di un fabbricato di tipo civile o economico ed essere dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari, di aree esterne ad uso esclusivo.

A/8 Abitazioni in ville

Per ville devono intendersi quegli immobili caratterizzati essenzialmente dalla presenza di parco e/o giardino, edificate in zone urbanistiche destinate a tali costruzioni o in zone di pregio con caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello superiore all'ordinario.

A/9 Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici

Rientrano in questa categoria i castelli ed i palazzi eminenti che per la loro struttura, la ripartizione degli spazi interni e dei volumi edificati non sono comparabili con le Unità tipo delle altre categorie; costituiscono ordinariamente una sola unità immobiliare. È compatibile con l'attribuzione della categoria A/9 la presenza di altre unità, funzionalmente indipendenti, censibili nelle altre categorie.

A/10 Uffici e studi privati

Rientrano in questa categoria quelle unità immobiliari che per tipologia, dotazione di impianti e finiture sono destinate all’attività professionale.

A/11 Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi

Rifugi di montagna, baite, trulli, sassi, baracche in zone terremotate ecc…

Chiunque abbia un immobile in categoria catastale A/5 o A/6 (NON PIU' AMMESSI) è obbligato a presentare una VARIAZIONE CATASTALE per ADEGUAMENTO DELLA CATEGORIA.

Gruppo B

B/1 Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi; seminari; caserme
B/2 Case di cura ed ospedali (senza fine di lucro)
B/3 Prigioni e riformatori
B/4 Uffici pubblici
B/5 Scuole e laboratori scientifici
B/6 Biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie che non hanno sede in edifici della categoria A/9
B/7 Cappelle ed oratori non destinati all’esercizio pubblico del culto
B/8 Magazzini sotterranei per depositi di derrate

Gruppo C

C/1 Negozi e botteghe
C/2 Magazzini e locali di deposito
C/3 Laboratori per arti e mestieri
C/4 Fabbricati e locali per esercizi sportivi (senza fine di lucro)
C/5 Stabilimenti balneari e di acque curative (senza fine di lucro)
C/6 Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro)
C/7 Tettoie chiuse od aperte

Immobili a destinazione speciale

Gruppo D

D/1 Opifici
D/2 Alberghi e pensioni (con fine di lucro)
D/3 Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili (con fine di lucro)
D/4 Case di cura ed ospedali (con fine di lucro)
D/5 Istituto di credito, cambio e assicurazione (con fine di lucro)
D/6 Fabbricati e locali per esercizi sportivi (con fine di lucro)
D/7 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni.
D/8 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni.
D/9 Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio.
D/10 Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole (fabbricati rurali).

Immobili a destinazione particolare

Gruppo E

E/1 Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei.

E/2 Ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio.
E/3 Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche
E/4 Recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche.
E/5 Fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze.
E/6 Fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale
E/7 Fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti.
E/8 Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia.
E/9 Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E.

Entità urbane

Gruppo F

F/1 Aree urbane.
F/2 Unità collabenti (Quelle unità che, prese nello stato in cui si trovano, non sono in grado di fornire reddito. Es: unità fatiscenti o inagibili).
F/3 Unità in corso di costruzione.
F/4 Unità in corso di definizione.
F/5 Lastrici solari.
F/6 Fabbricato in attesa di dichiarazione (circolare 1/2009).

Cosa si intende per "Intervento Edilizio"?

La definizione degli Interventi edilizi" è disciplinata dall'art. 3 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia D.P.R. 06.06.2001, n. 380 e successive modificazioni che cita:
Art. 3 (L) - Definizioni degli interventi edilizi
  1. 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
    • a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
    • b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
    • c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
    • d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;
      (lettera così modificata dal d.lgs. n. 301 del 2002)
    • e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
      • e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
      • e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;
      • e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
      • e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
        (punto da ritenersi abrogato implicitamente dagli articoli 87 e segue nti del decreto legislativo n. 259 del 2003)
      • e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
      • e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
      • e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;
    • f) gli "interventi di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
  2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall’articolo 34 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora articolo 29, comma 3, decreto legislativo n. 42 del 2004 ).

Cosa è la Successione?

La successione è l'Atto giuridico con cui si trasferiscono agli eredi i rapporti giuridici di carattere patrimoniale, cioè tutti quei rapporti che possono essere oggetto di valutazione economica.

Il complesso delle norme che disciplinano la materia successoria è volto a definire chi siano le persone che subentrano in questi rapporti e garantire che comunque, sempre, possa essere individuato un erede.

Non si trasferiscono invece agli eredi i rapporti giuridici di carattere personale, i quali si estinguono con la morte del titolare.

Successione legittima

Nella successione legittima la  designazione degli eredi avviene in forza di legge.
In particolare l’eredità si trasferisce al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali (es. figli e figli dei figli), agli ascendenti legittimi (es. genitori), ai collaterali (es. fratelli), agli altri parenti; in presenza di più soggetti, è erede il parente più prossimo, con esclusione dei parenti più remoti.

Successione testamentaria

Se si vuole che il patrimonio abbia una ripartizione diversa da quella prevista dalla legge, la quale non può tenere conto di particolari condizioni di famiglia, né di rapporti intercorsi in vita con i parenti stessi, oppure se si vuole beneficiare un estraneo o un ente di pubblica utilità, in questi casi è necessario provvedere con un testamento.

La legge italiana limita la libertà di disporre per testamento, a tutela della famiglia: vi sono infatti  alcuni familiari, i più vicini, i cosiddetti “legittimari” che hanno sempre diritto ad una quota di eredità.

I legittimari sono il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi. Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.
Quindi soltanto chi non ha legittimari ha una piena libertà di disporre dei propri beni con il testamento.

Cos'è la Successione Legittima?

La successione legittima è quella regolata dalla legge,  in quanto gli eredi sono individuati dal codice civile e sono: il coniuge, i discendenti legittimi e naturali, gli ascendenti legittimi, i collaterali e gli altri parenti entro il sesto grado.

In presenza di più soggetti è erede il parente con il legame più stretto, con esclusione dei parenti più remoti.

Quali sono i Gradi di parentela?

Nel caso di successione legittima, acquisiscono i beni i parenti più vicini, escludendo dalla successione i parenti più lontani. Si segue cioè un principio di gradualità.

La parentela può essere di due tipi:

  • in linea retta (padre – figlio; nonno – nipote): in questo caso le persone discendono direttamente l’una dall’altra;
  • in linea collaterale (fratelli; zio – nipote): in questo caso pur avendo un ascendente comune, le persone non discendono l’una dall’altra.

L’ordinamento giuridico individua quali successibili il coniuge, i discendenti, gli ascendenti e gli altri parenti fino al sesto grado.

Escludendo il coniuge, i parenti possono essere suddivisi in 3 ordini successori:

  • discendenti
  • ascendenti, fratelli e sorelle
  • altri parenti collaterali entro il sesto grado

Nell’ambito di ciascun ordine, il grado più vicino esclude quello più lontano.

Quindi, per esempio, se chi muore lascia dei figli, sono esclusi dalla successione i nipoti, figli dei figli, che sono parenti di secondo grado.

Qualora vi sia la presenza  di più parenti dello stesso ordine e dello stesso grado, questi concorrono tutti in parti uguali.

Quali sono i parenti che non possono essere esclusi dall'Eredità?

Vi sono alcuni familiari, che la legge tutela, che hanno sempre diritto ad una quota di eredità;

questi sono denominati “legittimari” e sono il coniuge,  i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi.

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

La libertà di disporre per testamento è quindi limitata dall’eventuale esistenza di legittimari.

Quali sono i parenti che hanno diritto alla quota di riserva?

Le persone che hanno diritto alla riserva sono:il coniuge, i figli (o i loro discendenti, se i figli sono premorti), i genitori (solo in assenza di figli).

Quali sono le Quote Disponibili e quelle Indisponibili?

La legge italiana protegge i congiunti più stretti (per esempio il coniuge), limitando la libertà di disporre con il proprio testamento: nella successione testamentaria infatti una parte del patrimonio deve essere “riservata” a determinate persone (dette “riservatari” o “legittimari”), anche se ciò è contrario alla volontà espressa dal testatore.

La quota disponibile può quindi essere definita quella parte del patrimonio caduto in successione della quale il testatore può liberamente disporre, senza alcun vincolo.

Il codice civile stabilisce con chiarezza quali siano le quote disponibili e le quote non disponibili, cioè di quali parti un testatore possa liberamente disporre con il proprio testamento, e quali parti debbano invece essere riservate ai legittimari.

Tali quote variano in funzione del tipo di legittimari e del loro numero. Per esempio:

  • Se il testatore lascia quale legittimario unicamente un figlio, questi avrà diritto a metà del patrimonio del padre;
  • se il testatore lascia il coniuge e due figli, il coniuge avrà diritto ad ¼ del patrimonio e i figli ad ¼ ciascuno; in questo caso la quota disponibile, cioè la parte della quale il testatore può liberamente disporre, sarà il residuo ¼.

Le persone che hanno diritto alla riserva sono:

  • il coniuge
  • i figli (o i loro discendenti, se i figli sono premorti)
  • i genitori (solo in assenza di figli)

Ai legittimari spettano di diritto le seguenti quote (le cosiddette “quote di riserva” o “di legittima”), sulle quali non possono imporsi né oneri, né condizioni di alcuna specie da parte del testatore.

Quote di riserva per le singole categorie di legittimari:

FIGLI

Ai figli è riservata la metà del patrimonio del genitore, se questi lascia un solo figlio:

due terzi se i figli sono due o più (art. 537 c.c.):

ASCENDENTI

Agli ascendenti legittimi è riservato un terzo del patrimonio (art. 538 c.c.):

CONIUGE

Al coniuge è riservata la metà del patrimonio. Inoltre al coniuge sono sempre riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano, se la casa era di proprietà della persona della cui eredità si tratta, o comune. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile:

Quote di riserva nei casi di concorso:

CONIUGE E FIGLI

Se con il coniuge concorre un solo figlio legittimo o naturale, la quota di riserva per il figlio è di un terzo. Al coniuge spetta un altro terzo del patrimonio oltre al diritto di abitazione:

Se i figli sono due o più, la complessiva quota di riserva è di tre quarti, di cui spettante al coniuge un quarto del patrimonio e un mezzo ai figli, da dividersi in parti uguali tra tutti.
Al coniuge spetta inoltre il diritto di abitazione:

CONIUGE CON ASCENDENTI

Se con il coniuge concorrono gli ascendenti legittimi, a questi spetta un quarto ed al coniuge la metà del patrimonio (art. 544 c.c.).
La disponibile è inoltre gravata dal diritto di abitazione a favore del coniuge superstite.
Se gli ascendenti sono più di uno, la quota ad essi riservata è ripartita con le stesse modalità previste per la successione legittima:

Disposizioni testamentarie eccedenti la disponibilità

Qualora il testamento leda i diritti dei riservatari, il testamento stesso produrrà i suoi effetti solo parzialmente; l’art. 554 c.c. stabilisce infatti che le disposizioni eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.

Somme escluse dalle quote disponibili

Non fanno parte del patrimonio ereditario e quindi non cadono in successione il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato e le assicurazioni sulla vita.
Le indennità di preavviso e di fine rapporto, dovute dal datore di lavoro alla morte del dipendente devono essere corrisposte, ai sensi dell’art. 2122 c.c, al coniuge, ai figli e, qualora vivessero a carico del lavoratore, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo.

Il rapporto di matrimonio, di parentela o di affinità con il defunto fa sorgere, in capo ai soggetti  sopra indicati, il credito nei confronti del datore di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto e l’indennità di preavviso non cadono in successione perché maturano per fatto della morte e quindi successivamente a questa. Pertanto le indennità non rientrano nell’asse ereditario e non sono soggette ad imposte di successione.

La Corte Costituzionale (sentenza 19 gennaio 1972 n.8) prevede la possibilità, in caso di assenza del coniuge, di figli, di parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado viventi a carico del lavoratore, di disporre per testamento delle indennità di preavviso e di fine rapporto a favore di persone o enti, associazioni o fondazioni che egli intende beneficiare.

L’importo della assicurazione sulla vita non entra nell’asse ereditario.

Infatti, ai sensi dell’art. 1920 c.c., il beneficiario acquista, per effetto della designazione, un diritto proprio nei confronti dell’assicurazione, per cui le somme corrisposte a seguito del decesso dell’assicurato non rientrano nell’asse ereditario, non sono soggette a imposta di successione, non si computano né per formare la quota per gli eredi, né per calcolare se vi sia lesione di legittima.
Il beneficiario potrà soltanto essere tenuto a restituire ai legittimari, che risultassero lesi, l’ammontare dei premi pagati dal testatore.
La designazione del beneficiario può essere fatta dal contraente all’atto della stipula della polizza o, con successiva dichiarazione scritta comunicata dallo stesso, all’assicuratore o per testamento.
Il contraente in qualsiasi momento può modificare il beneficiario con successiva annotazione nella polizza approvata dall’assicuratore o con un testamento sostituendo così  altre persone o enti alle persone già designate come beneficiarie.

Cosa è il Patto di Famiglia?

Il codice civile definisce il Patto di Famiglia in

il contratto con cui , compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti”.

Fino al 2006 i Patti di Famiglia, non disciplinati dalla legge, restavano un’opportunità lasciata all’autodisciplina dei singoli, ed erano limitati  dal divieto dei patti successori, cioè dal divieto di stipulare contratti su una successione ancora da aprirsi (art. 458 c.c.).

Con la legge  14 febbraio 2006 n. 55, entrata in vigore il 16 marzo 2006, è stata introdotta nel nostro ordinamento una deroga a questo divieto per quanto riguarda la successione d’azienda, con l’introduzione degli articoli 768 bis – octies c.c.

Il patto di famiglia va stipulato per atto pubblico a pena di nullità, e vi devono partecipare il coniuge e i discendenti. Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, se questi non vi rinuncino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote che avrebbero dovuto ricevere; i contraenti possono convenire che la liquidazione avvenga anche in natura.

La partecipazione al patto di famiglia di tutti i legittimari diviene “necessaria” in quanto il patto incide sui diritti di legittima precludendo la possibilità di esperire, all’apertura della successione dell’imprenditore, l’azione di riduzione (azione che consente ai legittimari, lesi per effetto di donazioni o disposizioni testamentarie, di reintegrare la propria quota) o di collazione (conferimento, da parte dei beneficiari di donazioni, dell’oggetto di tali donazioni, avvenute quando l’imprenditore era ancora in vita, per mantenere la proporzione tra i co-eredi).

Il Patto o contratto può essere sciolto o modificato dalle stesse persone che l’hanno concluso.

I partecipanti al patto possono impugnare il patto stesso nel termine prescrizionale di 1 anno .

All’apertura della successione dell’imprenditore, il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al contratto, possono chiedere (ex art. 768 sexies c.c.) ai beneficiari del contratto il pagamento della somma loro spettante, aumentata degli interessi legali. L’inosservanza di tale disposizione costituisce motivo di impugnazione del patto.

Come fare la Rinuncia all'Eredità?

Un soggetto che accetta l’eredità oltre a ricevere i beni, deve anche rispondere delle eventuali situazioni debitorie del defunto. Nel caso in cui i debiti del de cuius risultino essere di maggior valore rispetto ai crediti, è opportuno valutare attentamente la possibilità di rinunciare all’eredità.

La rinuncia all’eredità deve essere fatta presso un notaio o in alternativa in Cancelliere del tribunale  in cui si è aperta la successione. I termini per l’atto di rinuncia  sono di 3 mesi dalla data del decesso nel caso in cui il chiamato all’eredità è nel possesso o usa i  beni ereditari  o di 10 anni, sempre dalla data di decesso, se il chiamato non è nel possesso e non utilizza i beni ereditari. La rinuncia all’eredità dovrebbe essere fatta comunque prima della denuncia di successione o comunque prima della divisione dei beni.
I documenti necessari per la rinuncia sono:

  • certificato di morte in carta semplice ( o la dichiarazione sostitutiva di certificazione se a fare domanda di rinuncia sono il coniuge, gli ascendenti o i discendenti);
  • copia del codice fiscale del de cuius e di chi fa la dichiarazione di rinuncia;
  • documento d’ identità del de cuius e di chi fa la dichiarazione di rinuncia;
  • certificato di residenza del de cuius;
  • copia autentica del testamento nel caso di successione testamentaria;
  • autorizzazione del giudice tutelare se il rinunciante è un minorenne o persona inabilitata o interdetta.

Nel caso di  rinuncia all’eredità, presso la Cancelleria del Tribunale, occorre effettuare un pagamento tramite modello F23 di 168 euro per la registrazione all’Ufficio delle Entrate, oltre a procurarsi una marca da bollo di € 14,62.

La rinuncia all’eredità non può essere sottoposta a termine o condizione né può essere parziale.

La rinuncia all’eredità può essere impugnata nel caso in cui i creditori del rinunziante  ritenessero di essere stati danneggiati.
Detti creditori potranno farsi autorizzare dal tribunale ad accettare l’eredità al posto del rinunziante, così da soddisfare  i loro crediti.

Per quali contratti é obbligatorio allegare l'APE (Attestato di Prestazione Energetica) ?

E' obbligatorio redigere un APE nei seguenti casi:

  • Vendite di edifici o singole unità immobiliari;
  • Affitto di edifici o singole unità immobiliari;
  • Locazioni e/o Cessioni anche a titolo gratuito;
  • Annunci di vendita o affitto di unità immobiliari (per determinare l'indice di prestazione energetica);
  • Edifici di nuova costruzione al termine dei lavori;
  • Ristrutturazione importante quando i lavori insistono su oltre il 25% della superficie dell'involucro (pareti e tetti) dell'intero edificio;
  • Edifici pubblici ed aperti al pubblico;
  • Per tutti i contratti nuovi o rinnovati per gestione degli impianti termici o di climatizzazione di edifici pubblici;

L'attestato va aggiornato in caso di lavori di riqualificazione o ristrutturazione che modificano la classe energetica dell'immobile.

Muffa in casa, come prevenirla?

La muffa è un fungo che si presenta con macchie verdi o nere sulle superfici di muri e soffitti e, più in generale, ovunque vi sia un alto tasso di umidità. Gli ambienti poco illuminati e poco ventilati rappresentano il suo habitat ideale ma le cause della sua formazione possono essere anche altre: un impianto di riscaldamento non installato correttamente o la presenza di infissi che favoriscono il formarsi di condensa, cattive abitudini domestiche, pareti non isolate, ecc E’ un luogo comune pensare che la muffa prolifera in ambienti di vecchia costruzione o ubicati al pianterreno o nel sottosuolo: certo, queste caratteristiche specifiche ne favoriscono la comparsa ma, ogni volta che si verificano le condizioni sopra indicate, viene a crearsi l’habitat ideale per questo fungo. A tal proposito ecco alcune indicazioni per prevenire la proliferazione della muffa in casa.

Muffa in casa, rimedi

  • Tenere sempre aperte persiane e tapparelle di giorno: la muffa “odia” la luce e non si forma in sua presenza
  • Aprire tutte le mattine le tende per lasciare entrare sole e luce
  • Assicurarsi che la temperatura dei locali domestici non superi i 3 gradi tra una stanza e l’altra
  • Arieggiare i vani per almeno 5 minuti al giorno e in caso di vento favorire la circolazione dell’aria.
  • Tenere chiuse le finestre in caso di pioggia e di forte umidità atmosferica
  • In caso di temporali, assicurarsi che non sia entrata acqua dagli infissi delle finestre e, nel caso, asciugare subito e bene.
  • Non mettere biancheria e indumenti bagnati sui termosifoni per evitare di creare condensa in casa
  • Non mettere troppe piante in casa e assicurarsi che non si formino ristagni d’acqua nei sottovasi
  • Tenere staccati i mobili dalle pareti di almeno 5 centimetri
  • Evitare i tappeti e la moquette in ambienti umidi: trattengono l’umidità

Muffa in cucina,  rimedi

  • Montare in cucina una cappa aspirante collegata alla canna fumaria che scarichi all’esterno
  • Non lasciare acqua stagnante nei lavelli
  • Cucinare con la finestra aperta quando è possibile
  • Chiudere bene gli scarti umidi negli appositi sacchetti
  • Dopo l’uso, asciugare bene le guarnizioni di lavatrice e lavastoviglie, in modo che non si formino ristagni d’acqua

Muffa in bagno, rimedi

  • Installare una ventola per fare fuoriuscire il vapore
  • Aprire la finestra del bagno appena dopo aver fatto la doccia in modo di fare uscire la condensa formatasi
  • Eliminare eventuale acqua dal pavimento e mettere il tappetino ad asciugare fuori
  • Tenere sempre pulito il water ed eliminare subito la muffa che tende a formarsi negli interstizi

Muffa negli armadi, rimedi

  • Pulire periodicamente armadi e cassetti, possibilmente con acqua e aceto, due volte all’anno
  • Asciugare bene e fate arieggiare a lungo prima di riporre gli indumenti
  • Assicurarsi che non vi sia odore di chiuso: precede sempre la comparsa della muffa!
  • Mettere all’interno degli armadi una ciotolina di gesso: assorbe l’umidità e preserva gli indumenti dalle macchie di muffa e dalla comparsa di tarme
  • Se la stanza degli armadi è soggetta ad umidità, non riporre golf e indumenti nei sacchetti di plastica normali, ma preferire custodie in tessuto naturale.

Anche l’uso del deumidificatore è importante nella prevenzione della muffa in casa; è possibile anche realizzarlo in casa. Per approfondimenti sul deumidificatore fai date, cliccare quì

di Anna De Simone

La disdetta del contratto di locazione fatta a mezzo raccomandata mai ricevuta dal destinatario può ritenersi valida?

Il quadro normativo. Va subito chiarito che, il fine della disdetta di locazione è quello di impedire la prosecuzione del contratto e la prassi è quella di inviare una raccomandata A/R.

I casi in cui è possibile disdire il contratto di locazione, anche prima della scadenza, per gli immobili destinati ad uso abitativo, sono disciplinati dalla Legge 27 luglio 1978, n.392, articolo 28, secondo cui, “ il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni”e, l’articolo 29 che prescrive i casi in cui è possibile impedire il rinnovo del contratto da parte del locatore e cioè, “il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza di cui all'articolo precedente è consentito al locatore ove egli intenda: a) adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; b) adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'articolo 27, o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali; c) demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Nei casi suddetti il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono se, prima della sua esecuzione, siano scaduti i termini della licenza o della concessione e quest'ultima non sia stata nuovamente disposta; d) ristrutturare l'immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426 e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell'immobile. Anche in tal caso il possesso della prescritta licenza o concessione è condizione per l'azione di rilascio; gli effetti del provvedimento di rilascio si risolvono alle condizioni previste nella precedente lettera c).

E’ necessario inoltre considerare che, la disdetta del contratto di locazione deve essere ritenuto, ai sensi dell’articolo 1334 del codice civile, atto unilaterale, pertanto, come tutti gli atti unilaterali, produce i suoi effetti dal momento in cui giunge “a conoscenza della persona.”

Non va trascurata nemmeno la littera legis dell’articolo 1335 del codice civile, che riferendosi alla proposta, accettazione e revoca di una dichiarazione fatta ad altre persone, ritiene che “si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.”

Il caso analizzato. Il problema che si pone nel nostro caso, sembra essere proprio quello in cui la raccomandata, contenente la lettera di disdetta del contratto di locazione, non sia stata consegnata al destinatario per assenza presso la sua abitazione sia sua che di coloro che avrebbero potuta ritirala.

Nel nostro caso, l'amministratore dell'immobile, intima al conduttore, la licenza di finita locazione al termine del dodicesimo anno del contratto. Il convenuto innanzi al Tribunale ha potuto sostenere che “ il contratto era stato disdetto mediante lettera raccomandata che, a causa dell'assenza del destinatario, era stato depositato presso l' ufficio postale, ove era rimasto in giacenza sì che la disdetta era tardiva e conseguentemente il rapporto si era ulteriormente rinnovato.”

Il Tribunale con Sentenza n. 166 del 10 dicembre 2006, accoglie la domanda del locatore, condannando il conduttore alla restituzione dell'immobile.

Adita la Corte di Appello, ha rigettando il ricorso, ritenendo che il locatore “ era attivamente legittimato all'azione di risoluzione della locazione del bene comune sia perchè ciascuno dei comproprietari può agire in giudizio a tutela del bene comune, sia perchè lo stesso aveva agito anche nella duplice veste di rappresentante ed amministratore degli altri germani comproprietari dell'immobile concesso in godimento, ritenendo altresì “ che la disdetta era stata ritualmente comunicata al conduttore nei termini, giacchè, trattandosi di atto recettizio che si presume conosciuto quando esso perviene all'indirizzo del destinatario, nella specie - in cui la lettera raccomandata non era stata consegnata per l'assenza del destinatario - tale momento doveva coincidere con quello dell'avviso di giacenza del plico.”

La decisione. La Cassazione con Sentenza n. 27526/2013, nella sua decisione, conferma l'orientamento dominante, secondo cui, l'atto di disdetta, “si presume conosciuto dal destinatario nel momento in cui è recapitato al suo indirizzo e non nel diverso momento in cui ne prende effettiva conoscenza.” Pertanto, secondo la Suprema Corte, “la disdetta intimata dal locatore, che allo scopo si sia avvalso del servizio postale e del mezzo della lettera raccomandata, non consegnata al conduttore destinatario per l' assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, si presume pervenuta alla data in cui è rilasciato il relativo avviso di giacenza presso l'ufficio postale, restando irrilevante ai fini della tempestività della disdetta, rispetto al termine legale o convenzionale, sia il periodo legale del compimento della giacenza, sia quello intercorso tra l'avviso di giacenza e l'eventuale ritiro da parte del destinatario.”

I precedenti. Abbiamo detto all'inizio che l'invio della disdetta di locazione a mezzo raccomandata è una prassi ed infatti la Cassazione, nel 2006 chiarisce “che tuttavia tale forma non è prescritta a pena di nullità (nemmeno desumibile in via interpretativa), ragion per cui può essere comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l'inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza. Sulla scorta di tali principi è possibile, quindi, che la disdetta sia contenuta in un atto processuale come l'intimazione di sfratto per finita locazione, nel quale, però, a tal fine, deve essere espressa chiaramente e senza possibilità di equivoci la suddetta volontà del locatore ovvero risultare che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente.” ( Cass. n. 409/2006)

Secondo la Corte di Cassazione, in casi come quello analizzato, si configura “la piena operatività del dettato di cui all'articolo 1335 del codice di procedura civile in materia di presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, essendosi fornita la prova che le dichiarazioni erano pervenute all'indirizzo del destinatario, momento che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella ipotesi in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale.” ( Cass.Sez. Lav.,n. 6527/2003)

In particolare la Corte di Cassazione, ha avuto modo di asserire che “la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario della dichiarazione a questo diretta, occorre la prova, il cui onere incombe sul dichiarante, che la dichiarazione sia pervenuta all'indirizzo del destinatario; e che tale momento, nel caso in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza presso l'ufficio postale, e non già con il momento in cui la lettera sia arrivata al recapito in cui non venne consegnata.” ( Cass. Sez. Lav., n.2847/1997)

Già nel 1996, la Corte di Cassazione riteneva che “ la conoscenza del destinatario è presunta dalla data di rilascio dell’ avviso di giacenza presso l’ufficio postale.”

Sempre in tema di validità e conoscenza del destinatario di una raccomandata, in via generale,ed in chiusura, in questa sede, segnaliamo una recentissima Sentenza della Corte di Cassazione, secondo cui, “ le lettere raccomandate si presumono conosciute, nel caso di mancata consegna per assenza del destinatario o di altra persona abilitata a riceverla, dal momento del rilascio del relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale.” (Corte di Cassazione Sez. II Civile Sentenza n. 1188 del 21 gennaio 2014)

Articolo di Dott. Emanuele Mascolo
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